Il protagonista di The Whale è Charlie, interpretato da un eccezionale Brendan Fraser, uomo di mezz’età costretto dalla sua mostruosa obesità a vivere nel suo piccolo appartamento, dove sopravvive impartendo lezioni online di scrittura.
In pratica conduce una esistenza da recluso, rischiarata dalle visite periodiche di Liz (Hong Chau), una sua amica infermiera, e da Dan (Sathya Sridharan ), addetto alla consegna delle pizze, che lo rifornisce di quantitativi pantagruelici di cibo.
Charlie non vuole essere visto, non esce mai di casa, tiene le tapparelle delle finestre sempre abbassate, anche quando insegna online si guarda bene dall’accendere la telecamera del suo laptop, millantando un guasto al computer per giustificare la cosa ai suoi studenti.
Per di più soffre di cuore, e sa bene che la sua vita è agli sgoccioli. Ma si rifiuta di essere ricoverato in ospedale. Per quanto si sforzi di isolarsi dal mondo, il suo passato bussa alla porta, prima nella forma di Thomas (Ty Simpkins), un giovane predicatore della New Life, poi quando compare la sua figlia adolescente, Ellie (Sadie Sink), con la quale cerca di riallacciare i rapporti.
E tutti i nodi della sua vita lentamente cominciano a venire al pettine…
The Whale: un film magnifico ma impegnativo che ruota intorno alla magistrale interpretazione di Brendan Fraser
Tutto il racconto si svolge nell’appartamento di Charlie, con la macchina da presa che ruota continuamente intorno al suo mastodontico corpo, metafora della sua incapacità di muoversi oltre gli errori commessi nella vita, messo ancora di più in risalto dall’insolito formato 4:3, scelto per le riprese.
La storia è illuminata dalla splendida mimica facciale di Fraser e da dialoghi molto curati, che lentamente lasciano trasparire il passato di Charlie, in qualche modo inestricabilmente intrecciato con quello di tutti i personaggi che si susseguono sulla scena. Non per niente questo film è un adattamento cinematografico dell’omonimo lavoro teatrale di Samuel D. Hunter, che ha curato anche la sceneggiatura della pellicola.
Il racconto mostra senza pietismi la triste condizione di Charlie, che in pratica si è auto-inflitto una punizione spaventosa, abbandonandosi senza ritegno a una bulimia che lo sta uccidendo. Lui ne è perfettamente consapevole, ma sceglie l’autodistruzione perché la sua priorità non è sopravvivere a qualsiasi costo, ma riallacciare i rapporti con la figlia adolescente, che non vede da quando lei aveva otto anni, e darle un futuro.
Impossibile non notare una rassomiglianza con quanto raccontato in The Wrestler, film di Darren Aronofsky del 2008, con protagonista Mickey Rourke. Entrambi i protagonisti delle due pellicole sono sul viale del tramonto, con il fisico in via di disfacimento, e cercano disperatamente di riallacciare i rapporti familiari interrotti nel passato.
Ed entrambi, alla fine, cercano nel sacrificio la loro redenzione dagli errori commessi nella vita, ma in The Whale c’è un ulteriore elemento: il valore della letteratura e della narrazione come strumento per conoscere sé stessi.
Se infatti la prima impressione è che il titolo del film si riferisca solo alla mole del protagonista, in realtà nella pellicola c’è anche un continuo riferimento al Moby Dick di Erman Melville, continuamente citato nel racconto.
La narrazione scorre lentamente, disseminata di indizi su quanto avvenuto nel passato di Charlie ed Ellie, che trovano una unione organica nel meraviglioso e potente finale, che fa di questa pellicola un piccolo gioiello.
Merito non solo della storia, ma anche dell’incredibile prestazione di Brendan Fraser, che ha dovuto recitare dentro un costume che di fatto lo imprigionava in una specie di armatura pantagruelica, limitandone la mobilità e confinando la sua espressività alla mimica facciale.
L’uso del formato 4:3, la fotografia neutra, l’ambientazione della storia in poche stanze all’interno di un appartamento squallido e incolore, sono elementi della pellicola che costringono lo spettatore a concentrare l’attenzione sugli attori in scena e sui dialoghi, dando ancora più importanza alla recitazione.
Insomma un approccio diametralmente opposto al classico film contemporaneo di cassetta, basato su effetti speciali e badilate di attori famosi chiamati a recitare in una storia senza spessore, bene esemplificato dal recente e dimenticabile Ant-Man and The Wasp: Quantumania.
Al contrario The Whale ha molto da raccontare, parla di temi impegnativi come disordini alimentari, omosessualità, amicizia, crisi familiari e realizzazione personale, senza mai scadere nel didascalico o nel gratuitamente offensivo, con una storia ben concepita, sorretta solo dalla recitazione degli attori e dai loro dialoghi.
Certo, si tratta di argomenti impegnativi e Darren Aronofsky non usa filtri per mostrare il livello degrado a cui è scesa la vita di Charlie, per cui qualche spettatore potrà anche rimanere turbato. Ma questo è il prezzo che si paga quando non si vuole cadere nella trappola del politicamente corretto o nel buonismo a qualsiasi costo.
Se un appunto può essere fatto alla pellicola, questo risiede forse nei personaggi secondari. In particolare la recitazione di Sadie Sink è leggermente sopra le righe, schiacciata nella monodimensionalità del ruolo di Ellie, la classica adolescente incavolata con il mondo.
Alla figura di Thomas è poi stato poi forse dedicato troppo tempo, che aggiunge poco al racconto. Un ridimensionamento del suo ruolo avrebbe potuto accorciare la pellicola, togliendole poco ma facendola tendere alla classica ora e mezza, a parere del sottoscritto il tempo ideale per la durata di un film.
A parte questo dettagli, ovviamente soggettivi, nel complesso questa pellicola è magnifica, dimostrando per l’ennesima volta che per fare un ottimo film gli ingredienti indispensabili sono una buona storia da raccontare e bravi attori per metterla scena, come anche dimostrato dall’ottimo Gli Spiriti dell’Isola.
Da vedere assolutamente. Al cinema.