Hai Mai Avuto Paura? Recensione del film di Ambra Principato

Un esordio alla regia che sfrutta male buone idee, mettendo in scena una storia debole e poco orrorifica, lasciando troppe domande senza risposta

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Hai Mai Avuto Paura? Recensione del film di Ambra Principato

Italia, 1813. In un non meglio precisato borgo, nelle notti di plenilunio una bestia misteriosa uccide gli animali al pascolo, che vengono ritrovati orrendamente mutilati e senza una goccia di sangue nelle vene.

Per risolvere il problema viene chiamato uno zingaro, Scajaccia (Mirko Frezza), esperto cacciatore, che ben presto si rende conto che il predatore non può essere un semplice lupo.

Le sue pratiche sconfinano nell’esoterismo e nella magia, provocando la piccata reazione della famiglia nobiliare che comanda la comunità. Ben presto cominciano però a morire anche gli essere umani, e i terrorizzati contadini si schierano con Scajaccia, anche se le battute di caccia organizzate dallo zingaro sono infruttuose.

Ma il pericolo non proviene dai boschi…

Mirko Frezza in Hai Mai Avuto Paura?

Hai Mai Avuto Paura? Buone idee sprecate in un opera prima alquanto modesta

Il film ha come personaggio principale il contessino Giacomo (Justin Korovkin), gracile e timidissimo primogenito della famiglia nobiliare locale, amante della poesia ma psicologicamente schiacciato tra il razionale scientismo del padre e la bigotta religiosità della madre.

La storia, molto semplice e lineare, ruota attorno a classici contrasti tra realtà tra loro opposte: nobili contro plebei, soprannaturale contro ordinario, scienza contro fede, fede contro superstizione, superstizione contro scienza, borgo abitato contro il bosco, poesia contro razionalità.

Il film vorrebbe costruire una crescente tensione senza jump scare, astenendosi il più possibile dal mostrare la bestia che semina la morte e il panico tra gli abitanti della borgata. Un'idea encomiabile, perché questo è il modo più efficace per realizzare un buon horror. A patto di essere in grado di farlo, però.

Il problema è che nel film non si vede proprio niente. Non c’è (quasi) sangue, non c’è la bestia (sulla quale potremo gettare uno sguardo fuggevole solo alla fine del racconto), alcune scene sembrano quasi censurate a posteriori, per cui è proprio la tensione l’elemento che alla fine viene a mancare.

Anche perché la storia raccontata zoppica alquanto, tanto che per esempio l’unico omicidio non riconducibile alla bestia rimane incredibilmente irrisolto, i personaggi chiave sono scarsamente definiti e rimangono ingabbiati in ruoli schematici e stereotipati.

La maledizione che si annida nel passato della famiglia nobiliare rimane indeterminata, tutto è scarsamente definito e le relazioni tra gli elementi del racconto sono incerte (per esempio, che cosa c’era scritto nei documenti che il conte brucia, cercando evidentemente di nascondere qualcosa di oscuro nel passato della famiglia? Perché non ci viene spiegato nulla?).

Ambra Principato, al suo esordio alla regia, mette assieme molti elementi di per sé interessanti e accattivanti, ma non scava a fondo e lascia troppe domande senza risposte, mettendo in scena un racconto che alla fine non lascia molto allo spettatore.

Bella l’idea di ricostruire in chiave fantastica un personaggio storico come Giacomo Leopardi, alla cui figura il protagonista è chiaramente ispirato. Lodevole il tentativo di creare un immaginario orrorifico tutto italiano.

Buone idee sprecate in un opera prima alquanto modesta.

Peccato.

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