Il secondo volume dell’Opera Omnia di Valeria Masoni-Fontana - che segue il primo dedicato alla sua produzione poetica - è la raccolta degli scritti in prosa dell’autrice, di vario argomento e genere, che spazia all’incirca dagli inizi degli anni quaranta fino alla fine degli anni novanta del Novecento, frutto di un lavoro di ricerca paziente, accurata ed amorevole dei familiari dopo la sua dolorosa perdita avvenuta nel 2020. Vi fanno parte gli esiti letterari giovanili per lo più inediti e quelli della maturità, già pubblicati nel 1995 nel libro La mantide nell’ambra, presentato a Chiasso e a Lugano nella primavera dello stesso anno. Importante questo dato ambientale e geografico, poiché contestualizza il territorio - che diviene anche culturale e storico - in cui si svolgono le vicende narrate dalla scrittrice, ovvero il Ticinese ed ancor più in particolare il Mendrisiotto e quindi quella Svizzera di lingua italiana, così vicina a noi lombardi e milanesi, con la quale gli scambi in ogni campo di attività sono sempre stati frequenti e fecondi per entrambe le comunità.
Non siamo di fronte a racconti o romanzi di fantasia, bensì a lavori d’impronta essenzialmente autobiografica, diaristica e memoriale che però sconfinano spesso nella narrazione e descrizione - con relative riflessioni e pertinenti giudizi - di quel che accade intorno alla cerchia domestica e localistica, nel mondo della scuola, nella società, nella gestione politica delle cittadine ticinesi e della patria svizzera. Ne deriva che il mondo interiore dell’autrice si affianca a quello esteriore dei fatti reali, per cui ci troviamo davanti ad un fecondo connubio tra letteratura soggettiva ed oggettiva, tra privato e pubblico, tra storia personale e storia sociopolitica, elementi tutti che costituiscono il vero humus dell’ispirazione di Valeria Masoni-Fontana, nonché la cifra letteraria della sua scrittura. Tali aspetti sono sottolineati anche da commentatori critici molto più vicini a lei. È il caso di Graziano Papa che, nel suo discorso di presentazione del libro La mantide nell’ambra, precisa: «Il libro di Valeria è, a ben vedere, un diario a posteriori. Forse taluno potrebbe pensare ad un favoleggiamento tardivo, a una sorta di biografia romanzata di un’adolescenza. Ma non è così. Tutto è ancorato ad un ricordo puntuale...» (Sala ‘Diego Chiesa’, Chiasso, 21 aprile 1995). Gli fa eco Giancarlo Vigorelli, in occasione dell’uscita dello stesso libro: «A chiusura, direi quasi a sigillo di questo ripristinato lessico familiare - proprio e della sua città - Valeria fa seguire, alcuni, a dir poco, aggiornamenti aggiuntivi dei percorsi della sua vita, come per fare intendere senza equivoci che da quelle nebbie del passato … non ha tardato a venire fuori una vita ardente, intensa, reale appunto...» (Lugano, 11 maggio 1995).
Questa Opera Omnia è suddivisa in sei parti, che rispettano l’ordine cronologico di stesura dei testi e con tale criterio le presenteremo. Nel mare magnum degli scritti si individueranno alcune esemplificazioni significative per rendere al lettore lo spirito e il cipiglio narrativo dell’autrice, nonché per segnalare gli intendimenti ‘manzoniani’ delle sue opere, cioè «il vero per soggetto, l’interessanteper mezzo, l’utile per iscopo». Dove il vero è dato dalla sua prosa realistica; l’interessante è riscontrabile dai commenti sulle cronache locali, dalla descrizione di luoghi e personaggi conosciuti anche dai concittadini, suscitando così la loro curiosità; l’utile dal messaggio finale che si evince dalle sue visioni, le quali approdano tutte, in ultima analisi, a valori etici, morali, professionali, sociali e politici professati e vissuti nell’esistenza concreta, con coerenza e passione.
Dunque la prima parte raccoglie gli articoli apparsi sulla rivista “Mosaico” (1941-1943) del ‘Circolo Studentesco di Lugano’ e porta il medesimo titolo. Si tratta di annotazioni giovanili eterogenee, nelle quali Valeria Masoni-Fontana dimostra già possesso della lingua, verve narrativa, capacità di approfondimento psicologico, interesse per il mondo circostante. Le sue stringenti ed articolate esplorazioni introspettive emergono fin da subito, come nel brano Luci e ombre (anno I, n°1, novembre 1941). Sono quei conflitti interiori che tutti viviamo, per cui coloriamo la nostra anima di chiaro-scuri, tendendo però a far prevalere un certo pessimismo e forse «... non pensiamo che profonda e calma si nasconde in noi sempre un po’ di luce». Il suo spirito di osservazione e il desiderio di scoprire nuove realtà la spingono a girovagare senza meta: A zonzo (anno II, n°2, novembre 1942) e Il villaggio (anno II, n°3, maggio 1943) rispecchiano questo tratto della sua indole, che le permette di ammirare la natura, sognare e fantasticare, ma poi tornare «… sulle strade diritte e più sicure della chiara realtà», o di camminare sino ad un piccolo villaggio per ritrovare pace e serenità d’animo. Ed ancora, nel brano, La scelta della professione (anno II, n° 2, gennaio 1943) si svolge un colloquio con se stessa, in cui l’argomento dibattuto è relativo alle scelte per il futuro: medico, avvocato o giornalista? Aspetterà l’ispirazione.
La seconda parte accoglie Altre prose giovanili (1941-1944), testi presumibilmente inediti, tranne l’ultimo (Bulletin della Associaton Suisse des femmes universitaires), edito in francese, che è del 1968. Denotano una sorprendente maturità dell’autrice, sia per lo stile già molto personale e ricco di sapidità, sia per la pregnanza dei temi affrontati che spaziano dagli affetti domestici alla natura, dai brani onirici a quelli dedicati alla Confederazione Elvetica. Molto avvincente e drammatica la vicenda esistenziale di Teresa Silva, a cui erano morti dieci degli undici figli messi al mondo, compreso il prediletto, ed inevitabilmente anche lei alla fine si congedò dal mondo: «…Quella notte, nonna Teresa scivolò in silenzio fuori dall’ansia del tempo». Educative le parole dedicate alle mamme, invitandole a non spaventare i bimbi con ‘l’uomo nero’, ma a prenderli sulle ginocchia sussurrando loro favole belle (La Pagina della donna). Commovente il doloroso canto per le Esili betulle stanche, che le apparvero così perché piegate dal vento. Profondo il Sogno nel quale diviene una Danaide, ma solo nella pena e non nella colpa. Di alti sentimenti civili, democratici e patriottici lo scritto Nel 650° anniversario della fondazione della Confederazione, il cui epilogo riassume la nobiltà del sentire morale e politico di Valeria Masoni-Fontana: «...Nata questa nostra Svizzera da un moto di fierezza montanara, rinsaldato nel corso di sei secoli di lavoro e di fede, nei suoi destini, che essa viva nel tempo, intatta e libera sempre».
Ricordanze (1971-1975) è il titolo della terza parte, che specifica nel sottotitolo: L’amore di figlia, di moglie, di madre nei sogni di Valeria: dialogo coi cari defunti. Vi possiamo leggere lettere immaginarie scritte ai genitori defunti, tutte datate con precisione, dalla prima (18 aprile 1971) all’ultima (25 dicembre 1975). Epistolario che tocca i tasti delicati e profondi del sentimento, della memoria più cara e vissuta, dell’elaborazione del lutto, di quella corrispondenza di amorosi sensi di foscoliana matrice che unisce i vivi ai morti e perpetua quanto vi è di più umano ed autentico nei confronti di chi ci ha dato la vita, ovvero la gratitudine per il dono della vita stessa e per gli insegnamenti e l’amore ricevuti. Emerge il vero senso della famiglia come centro d’affetti, casa del proprio esistere, protezione materiale e spirituale, cellula vitale per camminare anche nel mondo, nascita di progetti e sogni per il futuro. Così tutti i brani diaristici sono commoventi e si crea un’empatia con l’autrice, poiché queste lettere immaginarie possono essere paradigmatiche per capire qualcosa del mistero dei rapporti umani filiali, materni, paterni. Emergono figure genitoriali esemplari e luminose, che una figlia avrà impresse nel cuore per sempre: «Mamma da 10 anni non più con noi, ma in noi» (dall’incipit della scrittura datata 18 dicembre 1975). Il diario s’interruppe quando gli studi per la preparazione dell’esame di Notaia l’assorbirono sempre di più: per la cronaca, ella diventò la prima donna Notaia del Canton Ticino nel 1979.
Vengono poi le Nebbie sul Breggia (1978), raccolta di articoli apparsi a ritmo settimanale o bisettimanale sul quotidiano “Gazzetta Ticinese”: nel capitolo 4 del libro sono riproposti nella loro versione originale, mentre il capitolo 5 è costituito dai testi rivisti dall’autrice e pubblicati nel 1995 nel volume La mantide nell’ambra, che raccoglie scritti nel periodo 1978-81. Il quarto capitolo contiene anche l’articolo Sentire il cimitero del tuo paese, del 31 ottobre 1978, recuperato recentemente. Tali rivisitazioni dell’autrice dei propri testi dopo un certo periodo di tempo rivelano un’acribia autoreferenziale tipica del labor limae oraziano e consistono in ritocchi stilistici come la ricerca di un termine più idoneo, o di un incipit più consono al contesto, o di un certo bisogno di sintesi negli epiloghi