Un folto gruppo di personaggi dell’alta società converge nel Palace Hotel, albergo di lusso incastonato tra le Alpi svizzere, aspettando la fatidica notte del 31 dicembre 1999, per partecipare a un veglione all’insegna degli eccessi e del trionfo della miseria umana.
Il direttore del locale, Hansueli (Oliver Masucci), passa in rassegna tutto il personale, in attesa che arrivi il facoltoso e depravato bestiario di facoltosi parassiti della società.
C’è il vecchio miliardario da poco sposato a una ragazza cinquant’anni più giovane di lui, un folto gruppo di donne devastate da chirurgie plastiche orripilanti, che le rendono tutte uguali tra loro, un ex pornodivo ormai in disarmo, un truffatore che si è intortato un funzionario bancario frustrato, un ambasciatore russo con moglie alcolizzata al seguito, un gruppo di faccendieri dell’est accompagnato da donne di facili costumi e guardie del corpo, una ricca cialtrona che vive in simbiosi con il suo cagnolino con problemi di defecazione.
Dalla parte opposta della scala sociale c’è tutto il personale dell’hotel, che deve subire passivamente le manie assurde e le maniere spesso incivili dei loro clienti. Primo tra tutti lo stoico Hansueli, che deve gestire situazioni demenziali di ogni tipo…
The Palace: una commedia senza pretese con una forte carica di critica sociale
Che dire. Personalmente avevo ampie aspettative per questo film, probabilmente l’ultimo dell’ormai novantenne Roman Polanski, al quale sarò eternamente grato per la sua eccezionale trilogia dell’appartamento (Repulsione, Rosemary’s Baby, L’Inquilino del Terzo Piano), sorta di meraviglioso e visionario trittico psicanalitico ambientato prevalentemente in interni.
The Palace di meraviglioso ha molto poco, e di visionario ancora di meno. Di fatto è una sfilata di miserie umane associate all’alta borghesia, mostrate con misurata ironia e sottolineando sempre la distanza siderale con il sottoproletariato che lavora nell’hotel, il cui massimo gesto di ribellione è un dito medio alzato, quando i padroni non guardano, e il tradizionale abuso di alcol.
Curiosa l’ambientazione nella mitica notte del 31 gennaio 1999, quando il millenium bug sembrava pronto a spazzare via il nascente mondo iperconnesso e computerizzato. Occasione anche per mostrare filmati originali delle dimissioni di Boris Yeltzin e l’entrata in scena di Vladimir Putin alla guida della Russia. Curioso che questi ci venga mostrato mentre parla della difesa della democrazia e della libertà di espressione, sia pure sempre a margine degli accadimenti in primo piano.
L’unica cosa in comune di questo film con la triologia dell’appartamento è l’ambientazione prevalentemente in interni, anche se viene da pensare che la scelta sia stata fatta per motivi di contenimento di costi, vista anche la qualità penosa della CGI utilizzata per creare le ambientazioni in esterno.
Per il resto il racconto si limita a una rassegna dello squallore dei riccastri radunatisi nel Palace Hotel, accozzaglia di inutili parassiti devastati dalla chirurgia plastica e da manie assurde, asserragliati nel proprio ego e del tutto incapaci di empatia nei confronti dei propri simili.
Forse il personaggio più riuscito è Bill Crush (Mickey Rourke), abominevole truffatore il cui aspetto orribile è uno specchio fedele del proprio lercio mondo interiore, tanto infame da fargli respingere il proprio il figlio con relativa famigliola, che rappresenta l’unica nota di poesia in una narrazione per il resto contaminata dal marcio dei vari personaggi alto borghesi, per nulla stemperato dalla chiave ironica utilizzata.
Non male anche Bongo (Luca Barbareschi), attore porno sul viale del tramonto dal membro di dimensioni enormi, ma ormai non più funzionale, e Arthur William Dallas III (John Cleese), ottuagenario multimiliardario convolato a nozze con una ventenne extra-large, che tuttavia non si godrà a lungo l’idillio, nonostante la profusione di regali costosissimi per avere qualche rapporto orale con la sua amata.
Al di là della riuscita dei personaggi che popolano il bestiario mostrato da Polanski, nel film non si ride molto, in realtà, anche perché la narrazione comincia con lentezza, ingranando la marcia nel secondo tempo, e comunque la maggior parte delle gag sono abbastanza telefonate.
Se una nota di merito può essere scritta per questo film, è l’assoluta mancanza di qualsiasi concessione al politically correct. Uomini e donne, fanno tutti schifo quando appartengono alla classe dominante, anche se bisogna dire che l’universo femminile viene semplicemente massacrato da Polanski, che lo riduce a un mondo di bellocce cerebrolese capaci di tutto pur di arrivare alla grana e al successo sociale.
Con un occhio di riguardo per le sottoproletarie che devono servire i padroni, bisogna comunque dire.
Se consideriamo poi che il film, dopo alterne vicende, finisce mostrando il coito tra un cagnetto e un pinguino, viene da pensare che forse l’ottantenne Maestro della settima arte ne abbia veramente le tasche piene di tutto, e abbia voluto accomiatarsi dal suo pubblico con una pellicola che suona come un sentito vaffanculo al jet set, e forse anche al cinema stesso.
Ma forse mi sbaglio, e trattasi di una semplice commedia senza pretesa da parte di un genio che ha finito le cartucce creative, magari semplicemente a causa dei sopraggiunti limiti di età.
Chi lo sa.