Smile 2: la recensione dell’horror di Parker Finn

Un sequel interessante che avvia un nuovo franchise, amplificando - forse troppo - quanto già visto nel primo capitolo, con una brava Naomi Scott

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Smile 2: la recensione dell’horror di Parker Finn

Skye Riley (Naomi Scott) è una star che sta uscendo dal tunnel della droga e dell’alcolismo, e si sta preparando per incominciare un nuovo tour per rilanciare la sua carriera, assistita dalla madre-manager, Elizabeth (Naomi Scott).

Tuttavia soffre ancora dei postumi di un terribile incidente automobilistico, per cui ha bisogno di antidolorifici che si deve procurare illegalmente, in quanto come ex-tossica non può avere accesso a farmaci troppo potenti, per motivi legali.

Per procurarsi una nuova scorta di pillole, una sera ha la pessima idea di andare dal suo spacciatore di fiducia, che le apre la porta del suo appartamento in stato di evidente alterazione psicofisica.

Questi si suicida davanti a lei in modo raccapricciante. Lei rimane devastata dall’evento, ma ovviamente non si rende subito conto di essere vittima di una entità soprannaturale.

Lentamente, ma inesorabilmente, la situazione precipita…

Naomi Scott in Smile 2

Smile 2: un sequel interessante che vede la nascita di un franchise promettente

Questo secondo capitolo riprende il tema del precedente: il graduale avvitamento di una situazione inizialmente riconducibile a eventi psichiatrici in un inferno scatenato da una presenza diabolica.

La presenza diabolica è ovviamente la stessa, e anche la storia comincia dove era finito il primo film, quello che cambia radicalmente è l’ambientazione del racconto, che passa dalla dimensione della tranquilla provincia americana a quella metropolitana, e dal confinato ambiente familiare a quello molto più grande e articolato di una star che sta per lanciare un tour.

Anche i poteri della presenza malefica sembrano essere amplificati, tanto che nella seconda parte del racconto sembra quasi di trovarsi in una storia multidimensionale alla Inception, al punto che ci si può chiedere se un personaggio esista veramente, cosa che può spiazzare chi vorrebbe seguire una storia più razionalmete spiegabile.

Rosemarie DeWitt in Smile 2

La bravissima Naomi Scott dà vita a un personaggio forse un po’ troppo monodimensionale, schiacciato nel ruolo della star in crisi con un pessimo rapporto con la madre, con abbastanza evidenti riferimenti sia a Lady Gaga che a Britney Spears.

Quello che ho personalmente apprezzato di più in questa pellicola è il tentativo di utilizzare lo jump scare in modo creativo, nell’ambito di una costruzione delle sequenze molto curata, che cerca di sorprendere e stupire lo spettatore continuamente.

E se si sceglie di lasciarsi trasportare dal flusso narrativo senza porsi troppe domande, il racconto gira meravigliosamente, nonostante la prevedibilità del racconto e la piattezza dei personaggi, schiacciati su stereotipi ritriti.

Un plauso va a Naomi Scott, ripresa in innumerevoli primi piani e al centro della maggior parte delle scene, con la sua eterna bottiglia di acqua Voss, così sbandierata da fare passare la voglia di comprarla.

Insomma un sequel che ha cambiato logaritmicamente la scala del primo, riuscitissimo, Smile, sotto diversi punti di vista, lunghezza inclusa, ma che costituisce comunque un apprezzabile tentativo di dare impulso al nascente franchise da un nuovo punto di vista.

Certo, visto come finisce questa pellicola, credo che il futuro Smile 3 dovrà compiere un ulteriore aumento di scala degli eventi.

Speriamo bene...

Smile 2 - trailer ufficiale ITA