Smile, il film horror di Parker Finn

Mettendo in scena pochi personaggi, Parker Finn realizza un buon film horror, che raggiunge il suo obiettivo: spaventare gli spettatori.

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Smile, il film horror di Parker Finn

La Dottoressa Rose Cotter (Sosie Bacon) lavora in un’ospedale psichiatrico. Le viene affidata una giovane donna, una studentessa universitaria che ha assistito al suicidio di un suo professore. Sostiene di essere perseguitata da una entità che prende le sembianze di diverse persone, conosciute e no, che le sorridono in modo malevolo.

Improvvisamente ha un attacco di panico e comincia a contorcersi in preda alle convulsioni, Rose le volta le spalle per afferrare il telefono a muro per chiamare soccorsi. Quando si gira per controllare la sua paziente, questa la sta fissando con un sorriso enigmatico stampato sul volto, e senza proferire parola si taglia la gola con un coccio di un vaso.

Comincia la lenta calata di Rose in un abisso di follia, che la vede perdere gradualmente la fiducia di tutte le sue persone care, fino ad essere allontanata dal proprio compagno e dal posto di lavoro. Un vortice di disperazione e orrore che la trascina inesorabilmente verso il confronto finale con le forze che la perseguitano...

Smile: un buon film horror

Il film ha una struttura lineare, e vede in azione pochi personaggi che si muovono in un limitato numero di ambienti. Tutto ruota intorno alla giovane Rose, impersonata da un’ottima Sosie Bacon, capace di dare molta credibilità alla protagonista e al suo dramma.

In pratica la giovane psichiatra, all’inizio della storia una seria professionista benestante, tutta famiglia e carriera, passa dall’altra parte della barricata, diventando di fatto una homeless apparentemente bisognosa di aiuto professionale, abbandonata da tutti, o quasi.

Sullo sfondo rimane un profondo trauma infantile mai risolto, legato alla morte della madre, con il quale cerca di confrontarsi, e che (forse) ha a che fare con quanto le sta succedendo.

Insomma nulla di nuovo sotto il sole, ma il tutto è assemblato con grande professionalità ed efficacia, con un unico obiettivo: spaventare lo spettatore. Cosa che Parker Finn ha saputo fare molto bene, alternando con maestria tempi dilatati a jumpscare, facendo uso di una fotografia poco nitida e mettendo al centro delle scene i personaggi, risucchiando lo spettatore nel mondo disperato e disperante di Rose.

Insomma un buon film del suo genere, che vale decisamente il prezzo del biglietto del cinema.

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