Questo ultimo capitolo della saga di Ghostface è la naturale continuazione di quanto narrato nel precedente Scream 5. La scena si sposta dalla mitica Woodsboro a New York, dove ritroviamo le sorelle Sam (Melissa Barrera) e Tara Carpenter (Jenna Ortega) e i gemelli Chad (Mason Gooding) e Mindy Meeks-Martin (Jasmin Savoy Brown) impegnati nel tentativo di voltare pagina, per lasciarsi alle spalle i drammatici eventi ai quali sono a stento sopravvissuti.
Ovviamente compare un nuovo Ghostface, che invece è del tutto contrario all’idea, e comincia a macellare le sue vittime, entrando sempre più vicino all’entourage delle sorelle Carpenter. Arriva a New York anche Gale Weathers (Courteney Cox), che finisce a sua volta nel mirino dell’assassino.
Di fatto si tratta di un “sequel del requel”, citando la stessa Mindy, un pellicola che introduce qualche novità di facciata, lasciando però inalterata la struttura di fondo, portando all’eccesso una metanarrazione che ormai, a furia di citare sé stessa in modo pacchianamente prevedibile, diventa stucchevole.
Scream 6: un film per sfruttare il franchise senza assumersi nessun rischio
La principale novità del film è lo spostamento dell'ambientazione, che per la prima volta nella saga esce da Woodsboro, muovendosi dalla classica provincia americana in un grande metropoli.
Continua inoltre il trend di graduale sostituzione degli interpreti storici con i nuovi personaggi. Ultima e unica superstite è al momento Gale Weathers, impersonata da una Courtney Cox la cui espressività facciale è ormai imbalsamata da un lifting imbarazzante.
A parte qualche dettaglio, come il museo di Ghostface, niente di nuovo sotto il sole. Dopo un inizio intrigante, i massacri si succedono con monotona regolarità, fino all’inevitabile e atteso twist plot finale, che però risulta scarsamente credibile, atto finale di una storia non proprio fluidissima.
Se Wes Craven aveva creato delle pellicole veramente originali, utilizzando una metanarrazione che prendeva in giro gli stereotipi del genere slasher, Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett stanno veramente raschiando il barile delle possibilità offerte da quest’idea, rischiando di annullare la suspance (e l’autoironia caratteristica di questo tipo di pellicole) in un noioso mare di cose già viste e altamente prevedibili.
Forse Hollywood dovrebbe cominciare a coltivare l’idea che a tutto c’è un limite, e magari bisognerebbe terminare un franchise prima di ucciderlo in sala con l’ennesimo sequel-requel ormai insostenibile per mancanza di nuove idee, come successo con l’interminabile e autoreferenziale John Wick 4.
Ma probabilmente è chiedere troppo.