La storia riprende una decina d’anni dopo la fine di quanto raccontato nel primo Avatar. Jake Sully ha definitivamente abbandonato il suo corpo umano, diventando a tutti gli effetti un abitante del pianeta Pandora, un Na’vi, e ha fatto famiglia con la sua compagna Neytiri, principessa del clan degli Omaticaya, assieme alla quale aveva sconfitto gli invasori umani, comandati dal perfido colonnello Quaritch, che ci aveva rimesso le penne.
Oltre ad avere messo al mondo tre figli naturali, i due hanno adottato una quarta Na’vi, miracolosamente messa al mondo dall’avatar della scomparsa Grace Augustine, e si prendono cura anche di Spider, un ragazzo umano lasciato indietro su Pandora dagli umani in fuga, al tempo neonato figlio del defunto colonnello Quaritch.
Quest’ultimo ritorna come avatar sul pianeta Pandora, comandando una spedizione il cui scopo finale è catturare Jake, che assieme alla sua compagna guida la resistenza dei nativi contro gli invasori umani.
Il nostro eroe decide di scappare per non mettere a repentaglio la sua tribù, e con la famiglia al seguito chiede ospitalità al clan Metkayina, che vive sulla costa orientale di Pandora. Ma gli umani sono sulle loro tracce…
Avatar 2 – La Via dell’Acqua: il trionfo della tecnologia e dei luoghi comuni
Tecnicamente parlando, il film è semplicemente straordinario. Si vedono pochi attori umani in carne e ossa, ma il realismo dei personaggi Na’vi e di tutte le altre creature aliene è semplicemente sbalorditivo, specie per quanto riguarda le ambientazioni subacquee. Questa pellicola è capace di regalare allo spettatore un esperienza immersiva nel mondo immaginario di Pandora, cosa che lo rende meritevole del prezzo del biglietto. Un film che per questo motivo dovrebbe essere visto solo al cinema.
La storia è perfettamente lineare e tutti i personaggi principali descrivono il loro bravo arco narrativo. Di fatto i temi centrali di questa pellicola sono l’importanza della famiglia (multietnica e allargata) e il rispetto dell’ambiente. L’eroe è sempre una figura isolata, reietta nel mondo in cui si trova costretto a vivere, ma si redime combattendo contro le forze del male, rischiando la propria vita senza esitare per salvare la collettività.
Ovviamente le forze del male sono rigorosamente umane, prevalentemente di pelle bianca, mentre i buoni sono nativi di Pandora o umani che hanno voltato le spalle alla loro civiltà guerrafondaia, fino all’estremo di arrivare ad abbandonare il loro corpo originario.
Il messaggio di condanna del colonialismo occidentale e di amore verso la natura è forse anche troppo didascalico, giungendo a strizzare l'occhio al mito del buon selvaggio, che poi magari non sempre era così tanto buono.
Una visione manichea che comunque dal punto di vista narrativo funziona bene. Insomma Cameron confeziona una storia corale ricca di stereotipi e luoghi comuni (non manca neanche il momento di catarsi interiore nel ventre della balena), che nel complesso si lascia guardare volentieri, grazie soprattutto all’efficacia degli effetti speciali di qualità stratosferica.
Tuttavia 192 minuti di pellicola sono forse eccessivi. I film ormai tendono a superare le due ore, mettendo spesso a dura prova la capacità di resistenza degli spettatori, specie quando le trame sono troppo complicate e ricche di flashback (basti pensare al recente Amsterdam, di David O. Russell). Non è questo il caso di Avatar 2, film dalla struttura narrativa molto semplice e facilmente comprensibile.
Oltre tre ore di visione sono comunque tante. Inoltre chi non ricordasse con precisione quanto successo nel primo capitolo della saga avrebbe dei problemi a comprendere l’inizio del racconto. Anche perché diversi personaggi non hanno più fattezze umane e ricordarsi i nomi propri degli abitanti di Pandora non è banale.
Un problema che probabilmente si ripresenterà con il prossimo capitolo della saga, già in lavorazione. Perché Avatar 2 è un film che scivola via piacevolmente, ma al di là della bella esperienza multimediale lascia molto poco allo spettatore…