Uzbekistan: i colori di una cultura a Ca'Foscari

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Uzbekistan: i colori di una cultura a Ca'Foscari

Nella sede espositiva di Ca’Foscari e in concomitanza con la Biennale d’arte sono stati messi in relazione (per la prima volta) oltre 150 dipinti su tela e su carta, oltre a elementi della tradizione tessile e delle altre arti applicate, tutti collocabili in un arco temporale che corre dalla fine dell’Ottocento al 1945. Questa operazione, dal titolo "Uzbekistan: Avanguardia nel deserto", ha permesso di delineare quella che è la genesi di una vera e propria “Avanguardia Orientalis”, fenomeno artistico nato negli anni 20 nell’allora Turkestan che riunì tradizioni dell’Est e dell’Ovest, arte classica e contemporanea, per creare qualcosa di nuovo che portava però dentro di sé caratteri antichi. Sono quindi esposte le opere di artisti che hanno lavorato in questi territori e che hanno costituito lo stile del centro Asia nella prima metà del XX secolo.

Le opere esposte sono esaltate nel percorso dal richiamo sulle pareti dei colori presenti nelle opere stesse, come se gli elementi interni dell’opera volessero accedere al mondo dello spettatore per guidarlo dentro di sé.

Il'ja Maskov, "Natura morta"

Grande importanza è posta, nel percorso espositivo, a due termini, posti uno accanto all’altro: forma e simbolo. La forma rimanda all’influenza esercitata dall’Avanguardia storica russa sui pittori del Turkestan, e questo spiega il perché di molte opere russe esposte tra cui due Kandinskij risalenti al 1920, ultimo anno della sua permanenza in Unione Sovietica.

Kandinskij, "Composizione"

Ma la forma è animata, nelle opere di questi artisti, dal sentimento che nasce dalla loro vita, nelle loro case, nelle loro famiglie: alla forma si aggiunge il simbolo, inteso come significato simbolico. Nel momento in cui essa diventa figlia della cultura locale, risente di tutte le tradizioni di quella cultura, siano tecniche o tessili. È un dialogo interculturale, dunque, quello che si instaura non solo tra gli artisti locali e russi, ma anche tra queste opere sincretiche e lo spettatore, portatore a sua volta di una visione del mondo ancora diversa.

La pluralità di influssi di cui ogni opera è portatrice è esemplificata nella sala dedicata al Gruppo Amaravella, che tra il 1923 e 28 inserisce nella sua cultura pittorica i nodi cruciali delle teorie cosmiste dell’epoca, diffuse in Russia e non solo. Il loro voler andare oltre l’apparenza per trasmettere le forze cosmiche che agiscono nella costellazione di simboli che tutto avvolge, è ben rappresentato nell’opera dal titolo esemplificativo “Potenze terrestri”, dove solo in lontananza e in piccole dimensioni vediamo ciò che sembra essere un paesaggio reale, circondato da nubi e colori, che rappresentano qualcosa di più antico e di più inspiegabile più che astratto.

V. Lysenko, "Potenze terrestri"

Ma accanto all’opera un ricamo parietale antico dimostra la stessa potenza nella resa materiale delle forze cosmiche: i cerchi del Suzane esprimono la stessa enigmaticità e lo stesso fascino dell’opera di Lysenko.

Suzane

Se dunque forma e simbolo collaborano per dare vita a queste opere uniche, ciò che infine risalta su tutto è la forza della tradizione che viene riletta attraverso la sensibilità di ogni artista qui esposto. Le pareti delle sale sono, non a caso, costellate di frasi, citazioni e stralci di poesie che accompagnano le opere. Una in particolare, dedicata al pittore A. N. Volkov, esprime a parole l’essenza della sua pittura.

Queste parole assumono ancora più materialità se associate, come sono, all’opera di Volkov, dove colori, forme ed espressioni, esprimono con grande potenza ciò che il Turkestan è per il pittore. I volti che si stagliano contro la moltitudine guardano verso di noi, immersi in un tripudio di colori e cose, sono affaticati ma in pace con sé stessi, probabilmente con la consapevolezza di essere i protagonisti della trasmissione di ciò in cui credono e di ciò che sono.

A. Volkov, "Carovana", dettaglio