Si pensa sempre ad un artista citando le sue opere più famose o che, potremmo dire, hanno riscosso maggiore successo sul pubblico contemporaneo. In questo senso parliamo sempre di Tiziano come l'autore di "Amore sacro e profano" oppure della "Venere" di Urbino, senza chiederci come questo artista sia giunto ai suoi capolavori. Effettivamente è proprio questo che ci vuole trasmettere la nuova esposizione su Tiziano alle Gallerie dell'Accademia: un artista a volte si comprende di più osservando le sue prime opere, specchi della sua formazione e della sua futura tipicità. In particolare viene preso un periodo di riferimento, ovvero gli anni tra la fine del '400 e il 1508: anni in cui Tiziano subisce gli influssi di Giorgione, Albrecht Dürer e Michelangelo, anni in cui riceve importanti commissioni pubbliche, come il Fondaco dei Tedeschi in un panorama artistico (tutto veneziano) dominato da pittori come Giovanni Bellini. E il racconto della sua formazione, che culmina nella sua emancipazione dai modelli, viene illustrato non solo attraverso le 17 opere autografe dell'artista, ma da suoi disegni preparatori, incisioni düreriane, opere di Giorgione stesso e di Sebastiano del Piombo: opere non solo prese in prestito da altri musei, ma anche liberate dalla prigione dei magazzini (come le portelle d'organo di Sebastiano del Piombo, le sue risposte al Fondaco dei Tedeschi). Tuttavia, ciò che sicuramente emoziona è vedere un magnifico "Angioletto con tamburello" presentato per la prima volta in una mostra e che da solo riflette quella carnalità e quella dolcezza che troviamo in molte opere successive e che si riflette visivamente nell'intesa e tenerezza che c'è nello sguardo tra l'Arcangelo Raffaele e Tobiolo nella parete adiacente. Indica un punto lontano, l'Arcangelo: forse, al di là della historia rappresentata, vuole condurre lo spettatore-Tobiolo verso gli sviluppi della carriera del grande artista. Non a caso, il suo braccio, proteso ad indicare la via, è stato reso il simbolo della mostra.
Sofia Martines