Thunderbolts: recensione del film di Jake Schreirer

L'ultimo capitolo della Marvel mette in scena un gruppo di (anti)eroi stanchi, falliti e disillusi, in linea con le condizioni del loro franchise

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Thunderbolts: recensione del film di Jake Schreirer

L'ex Vedova Nera Yelena Belova (Florence Pugh) è impegnata nell'ennesima missione di annientamento del bersaglio di turno, e mentre massacra i suoi avversari la sua voce fuori campo ci informa del suo stato depressivo e del suo vuoto esistenziale, dovuto anche alla scomparsa di sua sorella, Natasha Romanoff.

La nostra (anti)eroina vorrebbe cambiare vita, e la sua capa, Valentina Allegra de Fontaine (Julia Louis-Dreyfuss), le promette un (improbabile) incarico nelle pubbliche relazioni, a patto di portare a termine un'ultima missione: seguire un ladro in una base segreta e, dopo avere scoperto quale sia l'oggetto delle sue brame, eliminarlo fisicamente.

Niente di straordinario per Yelena, ma una volta entrata nell'imprendibile roccaforte dove il suo bersaglio ha fatto il suo ingresso, si trova ad avere a che fare con un fatto imprevisto: un gruppo di super(anti)eroi che fanno a gara per massacrarsi reciprocamente.

Ovviamente, i nostri realizzano subito che Valentina Allegra de Fontaine li ha attirati in quel posto solitario e inaccessibile per emininare ogni traccia delle attività illegali perseguite dalla organizzazione di cui è a capo, e quindi anche di Yelena e degli altri personaggi convenuti nel luogo.

Ma qualcosa di ancora più grosso bolle in pentola...

Florence Pugh in Thunderbolts

Thunderbolts: il nuovo capitolo della Marvel rispecchia la deriva in cui è scivolato il suo mondo di supereroi, sempre più stanchi e disillusi

Il monologo interiore di Yelena all'inizio del film introduce lo spettatore nell'atmosfera che permea tutto il racconto: solitudine, tristezza, disincanto e mancanza di senso della vita.

Tutti i personaggi, ognuno a modo suo, sono permeati da questi stati d'animo negativi e intimistici, e massacrano i loro nemici senza troppo entusiasmo, persi in un mondo che li sfrutta per poi lasciarli ai margini della società. Poverini.

La formula del gruppo di (anti)eroi messi insieme con l'attaccatutto non è di certo originale, e segue una strada già seguita dalla magnifica serie The Boys, e già battuta da Suicide Squad, e dal più cialtronesco I Guardiani della Galassia, tanto per citare i primi film di questo tipo che mi vengono in mente.

Ma in fondo è apprezzabile il tentativo della Marvel di cercare di ridere di sé stessa, del lento, apparentemente inarrestabile inabissamento del suo franchise, mettendo in scena una combriccola di super(anti)eroi in stato depressivo, consapevolmente incapaci di rimediare alla scomparsa degli Avengers.

Lewis Pullman in Thunderbolts

Un gioco autoironico di per sé molto apprezzabile, soprattutto nelle immagini a corredo dei titoli di coda.

Il problema sono però le due ore di racconto che li precedono.

Lo sforzo di realizzare una commedia malinconica è evidente, e a tratti i risultati sono molto godibili, ma in generale i personaggi sono molto forzati nel loro ruolo di disadattati e falliti in cerca di redenzione, con l'eccezione di Yelena, l'unica che ha potuto vivere un vero arco narrativo nel corso del racconto.

Thunderbolts è un film nel complesso (quasi) carino, a tratti piacevole, per gli amanti del genere, ma non credo proprio che sarà in grado di rivitalizzare il franchise Marvel e di riportarlo ai fasti del passato.

Personalmente quando sono uscito dal cinema mi sono augurato che quei poveri personaggi, devastati dai loro tormenti interiori e abbruttiti da una vita triste, solitaria e senza speranza, gettino i loro costumi nell'immondizia e si ritirino in campagna a curarsi le loro ferite esistenziali, magari in una comune, per condividere le proprie disgrazie. Magari davanti a un bottiglione di vino e un piatto di affettati.

Decisamente un risultato non eccelso per un film di super(anti)eroi.

Thunderbolts - trailer ufficiale ITA