Lisa Gray (Lauren LaVera) è una giovane restauratrice statunitense, figlia d’arte, che arriva in un piccolo e isolato paesino italiano, Sambuci. Nella corriera che la trasporta nell’amena località conosce tre giovani studiosi, che devono fare delle ricerche nei boschi che circondano il borgo. Ovviamente, si tratta di una pessima idea.
Giunti a destinazione il trio si separa da Lisa, che raggiunge la magione della duchessa Emma Malvisi (Claudia Gerini), affascinante donna che la conduce nella stanza che ospita un antico dipinto, completamente rovinato da un incendio.
La giovane restauratrice deve subito mettersi al lavoro, perché i tempi concessi per fare il restauro sono molto stretti, e la penale prevista qualora il lavoro non sia portato a termine potrebbe decretare la fine dell’azienda paterna.
A mano che il dipinto svela particolari inquietanti, cominciano ad accadere cose strane nella vecchia magione, mentre per i tre ricercatori le cose si mettono subito molto, ma molto male…
The Well: un apprezzabile omaggio alla stagione d’oro dell'horror italiano
The Well è un buon lavoro artigianale che omaggia l’horror dei maestri del cinema italiano dei bei tempi andati, come Lucio Fulci, Mario Bava, Dario Argento (lui non è ancora andato, a onor del vero, ma a mio avviso i suoi capolavori appartengono al passato remoto), Riccardo Freda, e ovviamente Pupi Avati (anche lui ancora tra noi e attivo cinematograficamente), dal quale mutua l’idea del dipinto da restaurare che gradualmente svela gli orrori del luogo, idea centrale del film cult La Casa dalle Finestre che Ridono, girato nel lontano 1976.
Se le scene nella magione delle duchessa Emma Malvisi evocano l’atmosfera dei vecchi film gotici, nei quali un orrendo passato riposa dormiente in dimore polverose, dove sarebbe meglio che rimanesse sepolto, quanto accade nei boschi attorno a Sambuci e, soprattutto, nei sotterranei della magione, è un inno allo splatter dei bei tempi che furono, dove gli effetti speciali sono un prodotto artigianale e non c’è spazio per la computer grafica.
E non è certo un caso che la storia è ambientata nel 1993, un tempo nel quale non ci sono cellulari e l’informatica è ancora lontana dal grande pubblico. Al massimo c’è qualche telefono da tavolo, ma l’orrore se ne sbatte della tecnologia e si nasconde sotto uno strato di cenere che copre un vecchio dipinto, e nei sotterranei di un antico palazzo, dal quale ogni tanto emerge nottetempo, in cerca di preda.
Nulla di nuovo sotto il sole, quindi. Ma per gli amanti delle vecchie pellicole della stagione d’oro dell’horror italiano si tratta di una vera chicca, nella quale si possono trovare mille citazioni e riferimenti, costruite con mestiere e passione.
In definitiva viene messa in scena la classica situazione in cui un pugno di personaggi si trovano in una località isolata, nella quale fa ben presto capolino il sovrannaturale più perverso, cominciando a mietere vittime e spargere sangue – e frammenti anatomici - a secchiate. Senza mai eccedere veramente, comunque.
Non un capolavoro indimenticabile, insomma, ma un apprezzabile prodotto di nicchia, lontano anni luce dal cinema mainstream di importazione, nel quale effetti speciali da videogioco e una dimensione metacinematografica autoreferenziale cercano compensare l’assenza di storie, come il recente e inutile Deadpool & Wolverine.
Evidentemente il cinema italiano ha ancora qualcosa da dire. Peccato che questa pellicola sia uscita ai primi di agosto, una stagione non certo ottimale per valorizzarla appieno.
Peccato veramente.