The Menu: la recensione del thriller comedy di Mark Mylod

Un film originale e ben intrepretato, che critica ferocemente certe mode sociali e culinarie. Peccato per la sceneggiatura non eccelsa.

2 min read
The Menu: la recensione del thriller comedy di Mark Mylod

Tyler (Nicholas Hoult) porta quella che sembra essere la sua nuova compagna  Margot (Anya Taylor-Joy) in un esclusivo ristorante di altissimo livello, situato in un’isola solitaria a cui si può accedere solo tramite un apposito collegamento tramite jacht.

Ci sono solo dodici ospiti nel sofisticato locale, nel quale lavora lo Chef Julian Slowik (Ralph Finnies), ultra-premiato cuoco specializzato in cucina molecolare. Ai commensali viene prima mostrata tutta la struttura del ristorante, incluse le dipendenze dove vive il personale e viene allevato e coltivato tutto ciò che si trasformerà nelle ricercatissime pietanze servite a tavola.

L’unica cosa destinata a rimanere inaccessibile è la residenza dello Chef. In effetti questi sembra quasi essere una entità soprannaturale, venerata dallo staff che lavora in piena vista nel ristorante, per preparare i sofisticatissimi piatti che vengono poi serviti ai fortunati commensali.

Che poi proprio così fortunati non sono. Perché le cose, lentamente ma inesorabilmente, prendono una brutta piega. Margot comincia a essere sempre più insofferente sia del modo di fare dello Chef che del cibo che viene servito, mentre Tyler ha un atteggiamento di totale reverenza nei suoi confronti e sembra essere vicino all’estasi quando assaggia le pietanze.

Le elaboratissime pietanze si succedono, ma ben presto risulta evidente che qualcosa non funziona. Prima lo Chef scopre gli scheletri nell’armadio di diversi commensali, poi la serata prende una piega inaspettata e gli ospiti si troveranno a dovere lottare per la propria sopravvivenza. Alla faccia della novelle couisine...

The Menu: una irriverente e grottesca satira della nostra società e di certe mode culinarie

Il film comincia lentamente (forse anche troppo), per poi prendere velocità e ritmo quando si scopre che la cena esclusiva è in realtà una trappola mortale per i commensali. La critica feroce nei confronti della spettacolarizzazione della cucina, diventata ormai un oggetto di culto e differenziazione sociale, è la chiave di lettura più evidente di questa originale pellicola.

Il piccolo gruppo di commensali è un microcosmo che bene rappresenta una (presunta) élite di fortunati per i quali partecipare a un evento tanto esclusivo e costoso è principalmente un mezzo per distinguersi socialmente.

Oltre a Tyler e Margot, c’è infatti un’esperta del settore e il suo tirapiedi, le cui recensioni possono fare la fortuna o decretare la fine di un ristorante, una ricca coppia dell’alta borghesia, un gruppetto di giovani rampanti e danarosi che lavorano in una Internet company, un attore sul viale del tramonto con la sua segretaria. Tutti hanno qualcosa da nascondere, che emerge inesorabilmente durante la cena.

Su tutto domina la figura dello Chef, che tratta i suoi sottoposti come delle pezze da piedi, vero sottoproletariato di un mondo impazzito, nel quale la cucina concettuale, o comunque vogliamo chiamare questa moda, sembra valere più delle vite umane.

La sceneggiatura non è il punto forte di questa pellicola, che però funziona bene, anche grazie alle ottime interpretazioni di Ralph Fiennes e di  Anya Taylor-Joy, che danno vita ai personaggi principali di questo racconto corale.

Un film che racconta diverse microstorie che si svelano lentamente, dando origine a una commedia grottesca che si fa beffe di alcuni aspetti della nostra società, nella quale l’apparenza conta molto più della sostanza.

Nel complesso un prodotto commerciale godibile, che sarebbe potuto diventare un film memorabile se si fosse prestata maggiore attenzione alla sceneggiatura, in particolare la struttura della parte iniziale, che fa fatica a carburare, e l’(inaspettato) finale, che per alcuni aspetti può lasciare perplessi.

Comunque da vedere. Al cinema.