Nel 2055 un sistema di intelligenza artificiale provoca la distruzione nucleare di Los Angeles, provocando una guerra senza quartiere tra le nazioni occidentali e un blocco politico orientale, che invece abbraccia in pieno la AI.
Gli Stati Uniti d’America mettono a punto una micidiale stazione orbitale, la NOMAD (North American Orbital Mobile Aerospace Defense), dalla quale scatenano un lotta senza quartiere per cercare di eliminare Nirmata, il misterioso architetto che continua a fare progredire la AI.
Circa un decennio dopo la distruzione di Los Angeles, il sergente Joshua Taylor (John Denzel Washington) viene incaricato di infiltrarsi nelle strutture operative della resistenza filo-AI. Ha sposato uno dei suoi membri, Maya, che viene creduta essere la figlia di Nirmata.
Nel corso di un improvvido attacco delle truppe statunitensi, Maya viene uccisa, mentre Joshua sopravvive, anche se è ridotto in condizioni fisiche e psicologiche pietose.
Tuttavia viene di nuovo reclutato per una missione delicatissima: individuare e distruggere una nuova arma segreta ideata da Nirmata per distruggere NOMAD…
The Creator: un film di fantascienza derivativo che idealizza la AI
Il film entra subito nel vivo dell’azione, glissando su aspetti che forse sarebbe stato meglio approfondire: come si è sviluppata la AI? Perché ci sono diversi tipi di robot, alcuni completamente meccanici, altri con fattezze umane, peraltro di tutti i tipi (giovani, vecchi decrepiti, uomini, donne, etc:)? Perché alcuni fumano e mangiano e altri no? Come è possibile che si sviluppino famiglie “miste”, nelle quali uomini e robot sembrano condividere anche rituali religiosi?
Non si sa. Il prodotto finale è quindi un guazzabuglio buonista, che contrappone in modo manicheo il mondo occidentale, umano e guerrafondaio, a quello orientale, con AI ed esseri umani che convivono in armonia, con robot in definitiva più umani degli uomini.
Tra l’altro il film ha anche chiare connotazioni politiche, in quando l’Occidente di fatto coincide con gli Stati Uniti d’America, strutturalmente guerrafondai, contrapposti a un oriente anelante alla pace.
Su questa visione si può essere d’accordo o meno, quello che lascia veramente perplessi è però la visione dell’intelligenza artificiale e dei robot di essa dotati come l’inevitabile evoluzione naturale dell’umanità, contro la quale è inutile opporsi.
Chiaro, stiamo parlando di un film di fantascienza, ma la cosa non passa inosservata e fa veramente sorridere, in quanto fino a prova contraria i computer possono simulare in modo più o meno efficiente i comportamenti umani, ma di qua a sostenere che possano essere coscienti, provare vere emozioni o addirittura creare cose nuove, beh, il passo è notevole.
Anche perché la struttura narrativa lascia alquanto a desiderare, per cui il binomio antitetico occidente di uomini cattivi contro oriente di robot buoni è di fatto la struttura portante del film, che strizza l’occhio anche alla guerra del Vietnam, parteggiando per i poveri orientali schiacciati dagli americani cattivi. Tutte cose già viste e riviste.
Rimangono gli effetti speciali, veramente belli, e un immaginario visivo che funziona bene, anche se, ancora una volta, non originalissimo. E tanto, ma veramente tanto, buonismo, e luoghi comuni sulle religioni orientali, di cui i robot senzienti sembrano essere rimasti i depositari finali. Mah.
Comunque il film si lascia guardare, specie se si ama il genere, e non si vuole riflettere veramente sulle problematiche reali che la AI porta con sè. E se lo si guarda al cinema, dove gli effetti speciali funzionano molto meglio che sugli schermi di casa propria…