1965. Chicago. Kathy (Jodie Comer) incontra per caso Benny (Austin Butler) e tra i due scatta una scintilla. Lei proviene dalla piccola borghesia, lui è un giovane disadattato, legato solo alla sua motocicletta e al suo gruppo di bikers, ma nonostante le differenze i due si sposano subito dopo.
La vita di Benny ruota intorno alla sede dei Vandals, un club di motociclisti gestito da Johnny (Tom Hardy), uomo di mezz’età che rimane colpito dal suo modo di fare, che pensa a lui come a un suo possibile successore.
Gli anni passano, e il gruppo dei Vandals si trasforma in qualcosa di completamente diverso…
The Bikeriders: un piacevole omaggio cinematografico alla cultura dei bikers
Il film è dichiaratamente tratto dall’omonimo libro fotografico di Danny Lyon, uscito nel lontano 1967, ricco anche di interviste ai motociclisti del tempo, una sorta di documento storico della loro sottocultura.
Jeff Nichols, per tenere insieme un racconto cinematografico strutturato attorno a una serie di aneddoti molto slegati tra loro, inventa una sorta di triangolo amoroso sui generis, formato da Kathy, Benny e Johnny.
Operazione facilitata dalla presenza nel film del personaggio di Danny Lyon (Mike Faist), che con le sue interviste ai protagonisti del racconto permette anche di mettere in una prospettiva storica una narrazione ricca di ellissi temporali.
Nel complesso questa pellicola è un omaggio carico di melanconico sentimentalismo a un mondo che non esiste più, quello dei club di motociclisti della prima ora, basato su amicizie virili e confronti duri ma cavallereschi, trasformatosi poi in una vera gang criminale, composta da individui alienati e socialmente pericolosi.
Una mutazione che ovviamente non può convivere con Benny e Johnny, antieroi legati comunque a un mondo di valori completamente differente, e che quindi di eclissano, sia pure ognuno a modo suo.
Jeff Nichols sembra comunque molto più interessato alle motivazioni che hanno spinto i primi bikers ad aggregarsi in gruppi, piuttosto che al successivo degrado del movimento in pura criminalità autoreferenziale.
E lo fa in modo piacevole, immergendo lo spettatore nell’ambiente dei club di motociclisti della prima ora, in una sequenza di situazioni che rendono molto bene lo spirito del tempo, concedendosi anche qualche piacevole citazione cinematografica (Easy Rider e Il Selvaggio).
Da vedere.
Al cinema.