Eduardo De Filippo è patrimonio senza confini che ci insegna come vita e teatro si aggrovigliano fra loro.
TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO, un progetto di Lino Musella e del nipote di Eduardo, Tommaso De Filippo, che ha dato vita a corrispondenze e carteggi del nostro amato attore, drammaturgo, regista e poeta. Lo spettacolo è finalmente al Teatro San Ferdinando, proprio su quel pezzo di palcoscenico che fu suo, che “tavola tavola, chiodo chiodo” fece risorgere dalle rovine dei bombardamenti insieme al suo amico, e macchinista, Peppino Mercurio, quando il teatro era la casa dei propri attori nonché l’unico pane di tutti gli addetti ai lavori e l’espressione artistica avveniva in uno spazio che non richiedeva grandi teorie, ma immensi valori.
Ubicato in una traversa di via Foria, è oggi anche un piccolo museo, scrigno di video, appunti, riflessioni, interviste. Negli archivi del nostro gioiello napoletano, a buon ragione definito “tempio” della drammaturgia, classica e contemporanea, la ricerca storica di Maria Procino, con la collaborazione di Antonio Piccolo, ha disvelato le ferite e i tormenti pratici dell’Eduardo del dopoguerra. Materiale edito, e non, che la sensibilità di un attore come Musella ha saputo declinare nella sua propria lirica.
Tra le scene di Paola Castrignanò, l'artista rievoca un cinquantennio di attività ininterrotta anche attraverso scene famose per gli adattamenti televisivi, mentre il disegno luci di Pietro Sperduti, scruta la commedia-confessione tipica dello spirito Eduardiano. Insieme alla musica dal vivo di Marco Vidino, va in scena il tragicomico, la burocrazia, la stampa, tutto incarnato dentro un evento che è molto più di un monologo.
Con l’emozione del pubblico in sala, privo di quarta parete, assistiamo a momenti di vere e proprie lezioni di recitazione, tecniche da animale da palco, che ben spiegano perché “finché ci sarà un filo d’erba sulla terra ce ne sarà uno finto sul palcoscenico”.
Musella impersona Eduardo senza imitarlo, ne interpreta l’uomo e ci mostra il professionista. Comprendiamo, profondamente, i motivi per i quali il futuro senatore a vita, non è finito nel limbo degli scrittori locali, ne sentiamo sulla pelle la coesistenza tra denuncia politica e ragioni dell’arte.
Forse qualche taglio ai lunghi appunti trovati, non avrebbe dilatato i tempi per 1 ora e 40, abusando della carica espressiva di un indiscusso maestro contemporaneo: Lino Musella. In quanto migliore attore protagonista, vince il premio Le Maschere 2022 e può ben permettersi di calarsi nella capacità tipica Eduardiana di ridere e riflettere allo stesso tempo, può dichiarare a gran voce che: “il teatro è lo spazio disperato che l’uomo ha per dare un senso alla vita” e subito dopo affermare che “se non ti si apiccica bene il baffo con il mastice non è pelle di attore”.
A lui e a tutto lo staff, un grande grazie per aver rinnovato la curiosità verso un personaggio da cui non smettiamo mai di imparare.
-Eduardo, ma Lei cosa pensa durante le sue famose pause? -
-Penso: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8-
Dalla corrispondente da Napoli Anita Laudando