Mia (Sophie Wilde) decide di andare a trovare la sua amica Jade (Alexandra Jensen) in occasione del secondo anniversario della morte di sua madre. Le due raggiungono un gruppo di coetanei dediti a una pratica spiritista.
Utilizzando un curioso talismano – la mano di una medium ricoperta di ceramica – a turno i ragazzi entrano in contatto con il mondo dei morti. La procedura è molto semplice: basta stringere l’arto e pronunciare consecutivamente le frasi “parla con me” (da cui il titolo del film) e “ti lascio entrare”.
In pratica si autorizza il trapassato di turno a prendere possesso del proprio corpo. Naturalmente vengono prese delle precauzioni: il volontario in cerca di emozioni viene legato a una sedia, e in ogni caso dopo un minuto e mezzo il contatto con la mano viene spezzato, per impedire agli spiriti di prendere definitivamente possesso del soggetto.
Ovviamente qualcosa va storto e gli eventi cominciano a precipitare…
Talk to me: un ottimo horror che funziona benissimo
La mano che stringono gli adolescenti in cerca di avventure è un simbolo potente, evocatore sia del contatto diretto con il soprannaturale che della difficoltà a lasciare andare i propri traumi, per voltare pagina e affrontare la vita adulta.
In effetti è proprio questo il problema di Mia, che non riesce a elaborare il lutto della perdita della propria madre, e per questo viene progressivamente risucchiata in una dimensione mostruosa, in cui realtà, soprannaturale e delirio si mescolano tra loro. Una dimensione spaventevole che provoca danni enormi anche a chi le sta vicino.
I fratelli Danny e Michael Philippou sono alla loro prima regia cinematografica, ma si sono fatti conoscere su YouTube grazie al canale RackaRacka, dove hanno realizzato video che giocano con lo splatter, l’horror e la commedia.
In Talk to me il divertimento latita, di splatter non c’è molto, ma a pensarci bene anche l’horror è in realtà solo un mezzo per parlare di disagio giovanile e della difficoltà a sviluppare relazioni interpersonali valide.
I ragazzi che si vedono in azione nella storia sono di fatto soli in modo disarmante, annoiati, attaccati ai loro cellulari e al mondo dei social, da cui dipendono per potersi immaginare insieme agli altri. Un mondo virtuale che non li potrà salvare dal baratro in cui stanno scivolando.
Insomma Talk to me non è un filmetto superficiale sui teenager, ma una pellicola in cui la critica sociale si mescola con l’indagine introspettiva, toccando tematiche importanti come la malattia mentale, il suicidio e la solitudine.
Parliamo di un horror che trascina lo spettatore in una storia tutt’altro che superficiale, evitando gli jumpscare e affidandosi invece alla creazione di un’atmosfera conturbante, in cui personaggi credibili scivolano nell’abisso, tenendosi alla larga anche all’ormai insopportabile politically correct.
Un film che dimostra ancora una volta come sia possibile girare una pellicola di qualità senza grandi risorse, riuscendo magari anche a creare un nuovo franchise, senza sfruttare uno già esistente per creare qualcosa di pessimo per meri scopi commerciali, come è stato fatto con il mediocre L’Esorcista – Il Credente.
insomma, complimenti ai fratelli Philppou!
Un film da vedere. Al cinema.