Una giovane donna (Willa Fitzgerald) scappa nella campagna nordamericana, nell'Oregon, inseguita da un uomo armato (Kyle Gallner), ben risoluto a farle la pelle. Lei si rifugia in una casa persa nella boscaglia lussureggiante, dove una coppia di anziani sembra disposta a darle una mano, ma lui non molla la presa.
All'inizio del racconto cinematografico una scritta ci informa che un serial killer è in azione nella zona, e si sta lasciando dietro una scia di sangue.
Tutto chiaro, quindi?
Come spesso accade, le cose non sempre sono come appaiono a prima vista...
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Strange Darling: un ottimo e imprevedibile thriller che dimostra come il cinema indipendente sia ancora ben vivo e in grado di stupire
La storia è articolata in sei capitoli e un epilogo, e comincia dal terzo. Il racconto non è lineare, ed è del tutto imprevedibile e spiazzante.
Se alla fine del film si ricapitola quanto mostrato, gli eventi in ordine cronologico sono in realtà molto semplici, ma il modo in cui è costruito l'intreccio e ci vengono mostrate le immagini è veramente intrigante, in grado di mantenere lo spettatore incollato allo schermo.
Il tutto con un pugno di (ottimi) attori e qualche semplice location. Il film è girato prevalentemente in interni, ed è sorretto da un'ottima colonna sonora. Anche la fotografia è da applauso, con un uso dei colori – in particolare il rosso – che sembra rubato da una pellicola grindhouse degli anni Settanta.
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JT Mollner, che è regista e sceneggiatore, si diverte e sovvertire i pregiudizi del pubblico, prendendo a calci il politically correct tanto di moda nei film mainstream, fatto che non posso non apprezzare.
Strange Darling è la dimostrazione pratica che con una buona idea, pochi soldi ma un gruppo di seri professionisti che conoscono il loro mestiere, è possibile girare un film sorprendente e intrigante, che vale tutto il prezzo del biglietto d'ingresso.
I novanta minuti del racconto volano via in un attimo, mentre lo spettatore deve continuamente mettere in discussione quanto pensava di avere capito fino al minuto prima.
Il film – girato in 35 millimetri - è classificabile come un thriller con venature horror, con un nucleo pulp che lo rende molto tarantiniano, anche per la fotografia iperrealistica, la divisione in capitoli, i dialoghi spesso ridondanti, il ritmo incalzante.
La violenza psicotica e autoreferenziale è di fatto la vera protagonista del film, che può essere letto (anche) come una denuncia della vecchia America rurale, armata fino ai denti e chiusa in piccoli mondi autoreferenziali, dove i cittadini si fanno giustizia da soli, grazie anche all'arsenale di casa sempre a portata di mano.
Ma mi piace pensare che a JT Mollner non sia fregato nulla di diffondere messaggi, ma si sia invece divertito a confezionare questa pellicola per perseguire lo scopo per cui gli spettatori paganti vanno al cinema: essere intrattenuti in modo intelligente e creativo.
Cosa che Strange Darling riesce a fare benissimo, a differenza di molte pellicole mainstream, come l'inutile, ben più costoso e recentissimo Capitan America: Brave New World, capace solo di promuovere noia e sbadigli.
Tanto di cappello e viva il cinema indipendente!