Lo SPARC* Spazio Arte Contemporanea situato in campo Santo Stefano, ospita fino al 6 gennaio la mostra Soggetti smarriti, con opere dell’artista udinese Paolo Toffolutti, e curata da Luca Berta e Francesca Giubilei.
Dopo anni di attività curatoriale assieme alla moglie, Paolo Toffolutti ha deciso di rientrare nel mondo artistico creando opere lui stesso. La sua arte, ha spiegato, non è qualcosa a cui attribuire un significato preciso e preconfezionato ma, alla stregua di una fotografia, è il risultato di momenti fissati e riportati all’esterno e materialmente dalla soggettività dell’artista, che opera in collaborazione con la soggettività dello spettatore che le interpreta alla luce della sua sensibilità.
Soggetti smarriti si riferisce alla perdita della soggettività nella società odierna, dove paradossalmente il continuo esporsi ed esporre l’intimità ha portato a una perdita della stessa, assieme alla capacità di immaginare e ricordare.
Dispersione, disorientamento, paralisi, sono i risultati della sovraesposizione dell’io, che lo porta ad essere più fuori che dentro di sé. Così una volta entrati nello spazio espositivo ci troviamo circondati da segni, colori, pitture che non vogliono fornire tesi sull’argomento ma vogliono suscitarlo, non definirlo ma ampliarlo in modo che rimbombi nella soggettività di ognuno: la questione non è più il cosa significhi, ma il come, il quando, il perché, il dove e il per chi significhi. Le figure che ci sembra di captare dalle opere appese alle pareti attivano qualcosa in noi che però subito ci sfugge: la familiarità lascia di nuovo posto al disorientamento.
L’apparente nostra familiarità si scontra con il disagio a sentirci sfuggire di mano i codici ovvi che pensavamo di dominare. Così la pittura come “finestra” teorizzata da Alberti nel De pictura si disfa, diventa disarmonica e incoerente: non è più una forma geometrica precisa e regolata da codici che vediamo, ma linee diverse che si possono dividere e ricomporre in mille altri modi.
Il tema del tempo e della perdita più in generale ha sempre interessato Paolo Toffolutti che, soprattutto in questa mostra, raccoglie opere che rappresentano una perdita della temporalità stessa: la sua pittura non tratta della superficie o della profondità delle cose, ma di quel sottile strato che permane tra le due cose, un “rumore” che si pone tra noi e le nostre azioni e che la sua arte cerca di captare. Qui il tempo si ribalta, è assente, crea sovrapposizioni.
La temporalità sembra quasi essere una convenzione, qualcosa che viene imposto oggettivamente su una miriade di soggettività. L’orologio esposto, le cui lancette procedono al contrario, cerca di riappropiarsi del tempo perduto, di riprendere momenti imprendibili passati a focalizzarsi su qualcosa di esterno a noi piuttosto che su qualcosa sentito da ciò che è dentro di noi.
Entrare nello spazio espositivo, grazie alle opere di Paolo Toffolutti, vuol dire entrare in un luogo dove i significati vengono decostruiti e smontati senza un apparente senso logico: sta alla sensibilità dello spettatore ricomporli nella maniera che più lo soddisfa, riconnettendosi finalmente con la sua soggettività.
Orari di apertura: 9.12.2024 - 6.01.2025 // Dal lunedì al venerdì, dalle 10:00 alle 18:00 o su appuntamento scrivendo a: [email protected]