Poche volte ci soffermiamo a guardare gli oggetti di piccole dimensioni. Ci passiamo davanti, senza farci caso, lasciandoli esposti, senza molte attenzioni, sugli scaffali o nelle teche di vetro. Tuttavia, ciò che ci dimentichiamo è che un oggetto, anche se molto piccolo, può avere più dettagli e più significati di uno più grande. Proprio questo ci vuole spiegare la mostra sulle miniature in avorio di Rosalba Carriera a Ca’Rezzonico. Nota per i suoi ritratti della società veneziana ed europea del Settecento, l’artista si cimentò anche nella pittura di miniature su avorio. Se non si può dire che effettivamente sia stata lei stessa ad inventare la tecnica, si può invece affermare che sia stata proprio lei a perfezionarla e a elevare questa da pratica artigianale ad arte. E così, nell’ampia zona di raccordo tra le diverse stanze del primo piano del palazzo (il portego), viene offerta un’occasione praticamente unica: quella di visionare da vicino le poche miniature rimaste (praticamente tutte da collezioni private), osservando come Rosalba sia riuscita a trasporre il fare della pittura su tela nel formato ridotto della miniatura, in un mondo influenzato dalla nuova estetica rococò che porta in luce l’importanza degli oggetti minuti, da contemplare in privato e intimamente, riuscendo a portarli anche via con sé. Dunque dall’esordio dell’artista con le tabacchiere, viene messa in luce la sua grande abilità di portare in miniatura tutte le caratteristiche e i particolari, non solo fisici, ma anche emotivi: lo vediamo nell’austerità del “Ritratto di Federico Augusto II di Sassonia”, che non si degna nemmeno di guardarci negli occhi, o dalla fierezza nel volto del “Ritratto di Norreys Bertie”, o ancora dalla civetteria (poco dissimulata) e dallo sguardo quasi sfidante che ci lancia una dama nel “Ritratto di gentildonna”. È infatti per questa sua capacità di tradurre nel piccolo dettagli materiali e immateriali (che pochi avrebbero saputo riprodurre in dimensioni normali), che i viaggiatori inglesi, arrivati a Venezia per il Grand Tour, divennero affezionati clienti di Rosalba e delle sue miniature. Ma sicuramente ciò che più colpisce è vedere come venga rappresentata quella dolcezza nelle carni e nei volti, dolcezza e carnalità che fa sembrare i personaggi ritratti reali e tormentati dai nostri stessi problemi o colmi di emozioni che anche noi possiamo provare. E ciò avviene non solo nei ritratti ma anche nelle scene mitologiche e contemporanee (come la misteriosa “Coppia durante il carnevale”). Dipingendo a “riserva” Rosalba gioca con l’avorio, lasciando il bianco perlaceo a definire il volto e gli incarnati, cosa evidentissima nelle scene mitologiche, dove troviamo veneri dai corpi bianchissimi, o una Leda quasi spettrale. Ci guarda, la Leda, e solleva una mano verso di noi, quasi a chiamarci. Ma non solo lei: quasi tutti i personaggi ritratti ci vogliono coinvolgere: chi in maniera più sfrontata, come la “Venere con amorini”, chi in modo più dolce come una delle “Tre Grazie”. La fanciulla ha appena sollevato lo sguardo dalle sue compagne, per dirigerlo verso di noi: è come se stesse invitando il più grande spettatore a farsi piccolo per entrare nella scena.
Rosalba Carriera, miniature su avorio
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