Ho ricevuto la silloge Fralezze - Guido Miano Editore, 2023 - del Poeta veneziano Maurizio Zanon, del quale ebbi l’onore di recensire nel 2020 la raccolta Tutto fu bello qui e ritrovo in questi versi che l’autore definisce ‘fragili’ la stessa sublime vaghezza che mi conquistò due anni fa. Vincenzo Monti si riferiva a questo stato d’animo scrivendo: «Dolce l’aura l’accarezza / schietto il sol di rai l’indora / fresca piove a lei l’Aurora / le sue perle; e una vaghezza, / uno spirto intorno gira / che ti grida al cor: Sospira»; io meno aulicamente, amo riferirmi a questa sensazione come a qualcosa che conferisce contorni piacevoli anche alle esperienze dolorose della vita. Il titolo Fralezzesi riferisce alle debolezze di Zanon, che si identificano con le nostre, d’altronde senza l’umiltà di coloro che trovano il coraggio di dirsi fragili la superficie del mondo sarebbe molto più dura.
La silloge, prefata dall’eccellente Enzo Concardi, termina con una serie di illustri,meritatissimi tributi. Il Poeta ha ricevuto letture critiche di Gianpietro Cudin, di Raffaele Piazza, di Mario Santoro, di Nazario Pardini, di Guido Miano e di altri prestigiosi esponenti dell’arte. D’altronde la sua è stata una vita dedicata ai versi, sebbene reciti: «La mia scrittura è istintiva, desueta / un po’ fragile, dalla metrica inconsueta / dunque, non dirmi poeta / io non so lavorare bene la seta» (Poeta?).Sembra davvero incredibile che un maestro come il Nostro vada per sottrazione, ma credo che in un paese di sedicenti artisti siano proprio i grandi a definirsi incerti, indefiniti. L’Autore è di una musicalità assordante, adotta finezze stilistiche, è dotato di ispirazione autentica, superba, incandescente, eppure arriva a ironizzare sulla sua passione, affermando: «…I poeti, quelli veri, hanno la penna pura / alcuni finiscono soli in una casa di cura» (I poeti). E forse di ironia non si tratta, ma di presa di coscienza della realtà. Nella società contemporanea la poesia è spesso svuotata del suo ruolo, scissa ed esiliata in un mondo alieno, mentre dovrebbe mantenere il ruolo che ha detenuto sin dall’antichità, la forza evocativa che le consente di entrare nella sfera delle emozioni e dei sentimenti del lettore. Tutt’altro che avulso dalla realtà, il poeta è iltestimone del suo tempo, investito di una grande responsabilità nel trasmettere conoscenza.
Il lirismo di Zanon, con quella che forse impropriamente, ho definito vaghezza, sa stare anche in silenzio, soprattutto nei momenti in cui il rumore dei media furoreggia. Egli segue la corrente di Loi, di David Maria Turoldo, di Erri De Luca, rappresenta un argine contro il dilagare della superficialità. Zanon è consapevole che il compito dei versi è di ricordarci che esiste qualcos’altro, di tirarci fuori dalla quotidianità, non anestetizzandoci, ma risvegliando qualcosa che magari non ci siamo nemmeno resi conto si fosse addormentato… mettendoci in contatto con le nostre anime. «La mia matita è rimasta senza punta / e la penna quasi del tutto scarica. / Così sono stato in silenzio per un po’ di tempo / ma la vita è una continua prova d’amore. / Allora, eccomi ancora pronto / con i miei pensieri, con le mie riflessioni. / Del resto, basta un temperino o cambiare refill / perché tutto torni come prima» (Ritorno).
Il Nostro è l’uomo del pudore, della discrezione. Non intende dare lezioni, parla di se stesso, senza dilungarsi mai, e dimostra che il lirismo puro possiede gli strumenti, oggi come ieri, per testimoniare la condizione umana; è il luogo della ricchezza linguistica, l’ultimo baluardo contro il rischio dell’impoverimento progressivo e dell’omologazione;è un invito alla speranza. «Sfugge la vita / giorno dopo giorno / il futuro s’accorcia / tutto è così veloce: / fra tanta sciatteria / ci salva la Poesia» (Salvezza). Nella raccolta ricorrono i temi della solitudine, dell’età che avanza, delle malattie e dell’amore, un amore che commuove, perché rappresenta l’unico urlo tra tanti versi sussurrati. «Un fuoco interiore che mai si spegne / brucia l’anima nel costante pensiero. / La mente insegue un amore, che vorrebbe / consumarsi in un letto di fieno» (Passione). Pur non celebrando l’incanto, ma mostrando spesso consapevolezza dei furti del tempo che passa, Zanon di fronte all’amore esce dal circolo del tempo ed entra in altra dimensione: «…Nel vivo desiderio sussulta il cuore / che non sa trattenersi. / Non conta l’età, quando si ama!» (Febbre d’amore). Trasferisce la potenza del sentimento ai miracoli poetici della natura, come le foglie in una lirica, che induce all’allegoria con noi uomini: nell’autunno delle stagioni, sono le foglie a morire; nell’autunno della vita, è la nostra memoria. Il Poeta non ricorre alla metafora, probabilmente da imprudente critico ho preteso di leggere nella sua mente, ma si rifà a un concetto onirico, infatti immagina che il corismo o defogliazione non sia un segnale di fine, ma una promessa di trasmigrazione e di rinascita in altri boschi: «Cadono le foglie, cedono alla vita. / Un soffio di vento le porta lontano. / Chissà quali altri alberi vestiranno / in quali verdi boschi rivivranno?!» (Le foglie).
Incastonata come diamante nella plaquette vi è la poesia dedicata alla nascita di un bambino. Leggendola si respira uno stato di magico surplace. Il vagito scuote le note quotidiane, piovono i canti degli angeli: «…Una candida luce / è venuta al mondo d’incanto…» (È nato Edoardo). L’immagine del neonato si identifica con la luce ed è inevitabile andare con il pensiero a Gesù, portatore di grazia, luce e forza per rischiarare le notti del mondo. Zanon sa colorare con la magia della sua cetra invisibile e delle parole cesellate ad arte nel granito del linguaggio, anche lo scetticismo. «Tante cose mi mancano della vita / quelle che fanno bene all’anima / ma faccio finta di niente. / Mi illudo di averle / per non morire più» (Tesoro nascosto). Versi che evocano Jacques Prévert, e inducono a riflettere dolcemente sul senso del nostro tempo. D’altronde cos’è la vita? Illusione, chimera e ombra, il massimo bene può identificarsi con un nulla, perché tutta l’esistenza è sogno e i sogni esistono.
Ero già convinta dopo aver letto la raccolta Tutto fu bello qui di trovarmi di fronte a un Autore di raso, capace di coniugare i verbi al futuro come solo i sognatori possono e sanno fare e questa breve raccolta rappresenta la conferma che certe parole erano in origine incantesimi e hanno conservato molto del loro potere magico. Tra gli arroganti, gli indifferenti, gli ambiziosi che vanno di fretta, ci sono i poeti come il Nostro, un po’fragile, un po’ ferito, che crea malie con aperture d’ali, atmosfere rarefatte e con una cullante vaghezza che innamora il cielo…
Recensione di Maria Rizzi