Recensione dello spettacolo L’ULTIMA NOTTE DEL PRINCIPE DI SANSEVERO rappresentato al Pozzo e il Pendolo di NAPOLI

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Recensione dello spettacolo L’ULTIMA NOTTE DEL PRINCIPE DI SANSEVERO rappresentato al Pozzo e il Pendolo di NAPOLI

Napoli. 11 e 12 novembre 2023, al “Pozzo e il Pendolo”, la storica “galleria del giallo e del mistero”, ubicata in via San Domenico Maggiore nel cuore pulsante di Napoli, da anni ripropone “L’ULTIMA NOTTE DEL PRINCIPE DI SANSEVERO. Le ultime ore del grande negromante che voleva vivere due volte, il mistero della sua morte in un’ipotesi inquietante e sconcertante allo stesso tempo” di Annamaria Russo. Anche questa volta la sala era piena e la pioggia battente non ha scoraggiato il pubblico campano e non.
Del resto, chi non conosce il Cristo Velato, chi non si è commosso dinanzi alla sua stupefacenza?
A Marco Palumbo e Andrea De Rosa l’onore e l’onere di stregare il pubblico in un duello tra Don Raimondo di Sangro, duca di Torremaggiore nonché Principe di Sansevero e Giuseppe Sanmartino, umile scultore formatosi nella bottega del Bottiglieri.
Siamo in pieno ‘700, l’illuminismo europeo si declina tra gli intellettuali massonici, e sicuramente a Napoli la genialità del grande scienziato, anatomista, scrittore, indagatore dei più ostinati segreti della natura, ha qualcosa a che vedere con questa scultura di marmo così diversa dalle altre. Forse il Principe aveva davvero scoperto il segreto dell’immortalità, mentre sperimentava formule alchemiche, indurendo materie molli e pietrificando cadaveri.
In scena la contesa avvincente con lo scultore che in questa versione scenica lo uccide dopo avergli rubato linguaggi esoterici tali da poter beffeggiare il suo maestro come fosse un “vecchio pazzo”.
Nella sala, senza sipario, più intensa della città, gli spettatori continuano a farsi domande, unica verità storica è che Raimondo morì il 22 marzo 1771, tra un fuoco eterno e una ampolla piena di ambizione. Tra gli applausi profondamente sentiti, ci piace pensare che le ombre dei protagonisti fossero tra noi, sornioni e divertiti della loro eternità.
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anita laudando