RECENSIONE : In Prima Nazionale al Teatro Bellini dal 15 ottobre al 2 novembre, La Grande Magia, di Eduardo De Filippo, regia Gabriele Russo. La produzione Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini, Teatro Biondo Palermo, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, punta sulla drammaturgia “del più grande attore del secolo o il più grande autore dopo Pirandello”, come lo definì Roberto De Monticelli. L’ opera, facilmente reperibile in rete nella versione RAI del 1964, è del ‘48, fa parte della “Cantata dei giorni dispari” e che risenta dell’ammirazione per Pirandello è ormai mero luogo comune. Queste le informazioni ineludibili. Quello a cui abbiano assistito, però, non è un nostalgico rimescolamento dei canoni eduardiani, ma una rivalorizzazione del testo, indipendentemente dal peso della sua meravigliosa eredità. Diciamolo subito, molti attori non erano napoletani, questo ci ha creato qualche difficoltà come spettatori pasciuti e cresciuti sotto il mito di Eduardo, anche se di fronte alla potenza del cast non c’è stato campanilismo che abbia tenuto.
Del resto Strehler, nel 1985, aveva già fatto ricorso alle diverse parlate regionali, lasciando intatte solo “alcune battute funzionali alla struttura”, così come riporta una recensione di Enrico Fiore del 7 maggio 1985. Nonostante ciò, è inutile girarci intorno, il motore della vicenda, il Professor-filosofo Otto Marvuglia, interpretato da Michele Di Mauro, pur nella sua perfetta tecnica attoriale, convincente nell’ammaliare con i suoi discorsi sul tempo e sulla “coscienza atavica”, si lascia andare di tanto in tanto, a qualche intercalare partenopeo che arriva sgradevole ad un pubblico innamorato dell’interpretazione di Eduardo stesso. E questo Gabriele Russo lo sa bene, infatti fa iniziare lo spettacolo con la voce del Maestro e lascia che, lentamente, ci si abitui a ritmi e inflessioni di attori che hanno incarnato il testo in una chiave viva e contemporanea.
È successo che un teatrante qualunque, nell’atto di sbarcare il lunario, finisce con l’aiutare una donna a scappare con il proprio amante. Eppure, il veneto Natalino Balasso, nel ruolo di Calogero Di Spelta, il marito tradito, resta nel cuore. La crisi della famiglia che esplode nel dopoguerra, tormenta l’uomo che si dilania nella speranza di non aver compreso la realtà. "Vostra moglie è in questa scatola, se voi l'aprite con fede, rivedrete vostra moglie; al contrario, se l’aprirete senza fede, non la vedrete mai più". Quest’uomo, imbrogliato ed imbrigliato da una vita che lo ha illuso e disilluso, diventa uno di noi. Accettare l’oggettività è cosa da “artefice magico”, Balasso- Calogero ha davvero bisogno del suo “professore di scienze occulte” per suggestionare le apparenze e credere che la vita sia un gioco a più dimensioni. Il testo ha avuto due stesure, una scritta a mano nel camerino ed una definitiva pubblicata da Einaudi. Tutti personaggi, quindi, nati in teatro, luogo per eccellenza in cui esperienze di vita, fantasie e uomini reali si intrecciano. Ci piace pensare che, nella prima stesura, il protagonista fosse proprio lui, non l’istrionico mago, ma un uomo qualunque vittima di un’esistenza infelice. Questa è una fantasia della scrivente, dovuta all’ ingenuo fatto che, per la prima volta, ha assistito a questo evento molto atteso in città. Lo abbiamo visto in terza serata dal quinto piano di un palchetto del prestigioso teatro post-unitario gestito con passione dalla Fondazione Teatro di Napoli. Dal palco “Reale” abbiamo scorto Tommaso De Filippo che, a quarant’anni dalla morte del nonno, sostiene la responsabilità del suo cognome anche acconsentendo a reinterpretazioni di drammaturgie complesse come questa. Abbiamo goduto delle scene di Roberto Crea che, coadiuvate dalle luci di Pasquale Mari, hanno accompagnato lo sconfinamento della verità verso la platea, diventata proiezione di sogni e segreti. Tutta la sala si è sentita coro del dramma in atto: basterà la fede di un essere umano per accettare i cambiamenti?. “Vedi questi uccellini? Illusioni non se ne possono fare. Noi invece sì, ed è questo il privilegio”. Anna Rita Vitolo, Manuel Severino, Sabrina Scuccimarra, Gennaro Di Biase, Veronica D’Elia, Christian di Domenico, Alessio Piazza Maria, Laila Fernandez, Alice Spisa citati senza ordine di apparizione e sparizione, avvolti dai costumi di Giuseppe Avallone, hanno reso omaggio ad un surrealismo che ci ha reso “mare” umano e scrigno di speranze. Possiamo stringere tra le mani un ricordo e fingerci fiduciosi verso il destino che ci tiene prigionieri delle nostre false credenze, ma forse l’unico espediente possibile è mangiare “quel” piatto di pasta mentre fabbrichiamo illusioni per gli altri: “Permetti che per una volta ne fabbrico una per me stesso?”. Tra il suono del Marranzanu siciliano del progetto sonoro di Antonio Della Ragione, la grande magia è compiuta nel suo avere unito linguaggi ed epoche storiche in un applauso che convalida la totale riuscita dell’esperimento.
Corrispondente da Napoli Anita Laudando