Predator: Badlands, la recensione del film di Dan Trachtenberg

Un action movie fantascientifico riuscito e piacevole, che però può lasciare perplessi i puristi del franchise.

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Predator: Badlands, la recensione del film di Dan Trachtenberg

Dek (Dimitrius Schuster-Koloamatangi) è un giovane Jautija, aka Predator, non troppo prestante e, per questo, inviso dalla sua famiglia di origine. Suo padre vuole fargli la pelle, perché la debolezza è un disonore nella società dei Predator, ma grazie al sacrificio di suo fratello riesce a cavarsela.

La sua sola possibilità di essere di nuovo accettato dagli altri Jautija è recarsi sul letale pianeta Genna e riportare a casa un trofeo della creatura più mortale di tutto l'universo: il micidiale Kalisk, che nessun Predator è mai riuscito a uccidere.

Sbarcato fortunosamente sul pericolosissimo pianeta, dove sia piante che animali sono micidiali macchine mortifere, incontra Thia (Elle Fanning), una sintetica della compagnia Weyland-Yutani, che fa parte di una spedizione sull'ostile pianeta.

Nonostante abbia perso le gambe durante un terribile scontro con un Kalisk, riesce comunque a rendersi utile a Dek, che decide di portarsela dietro, come strumento utile a catturare la sua preda.

Ma la Weyland-Yutani è sulle sue tracce, mentre sul pianeta Genna si scatenano forme di vita ostili di ogni tipo...

Predator: Badlands, un action movie fantascientifico riuscito e piacevole, che però sovverte l'immaginario originale dei Predator

In questo film non compaiono esseri umani. Vediamo in azione solo Jautija, androidi e mostri di ogni tipo. Questa pellicola è anche un atipico buddy-movie, che vede collaborare un Predator e una sintetica, il cui rapporto si evolve secondo lo schema canonico di questo genere: all'inizio i due si guardano sospettosamente, poi cominciano a collaborare perché conviene a entrambi, e infine non riescono più a separarsi.

Anzi, il duo si allarga, ampliando la sua composizione con la fauna locale. In effetti il racconto è in chiave buonista e politically correct, con un Predator di bassa statura e fragilino che scappa dal padre-padrone e fa combutta con un'androide disabile, e per combattere i cattivoni si allea anche con le strane e micidiali creature viventi di un pianeta ostile.

Ma chissenefrega. Il film, che di fatto è un piacevole videogioco fantascientifico e non vuole essere nulla di più, funziona bene: il racconto di 107 minuti scorre veloce, con scene mozzafiato e ottimi effetti speciali, e si completa con la piacevole iniezione di una vena di ironia che esplode nel finale. Che rimane ovviamente aperto a un prevedibile sequel.

Certo, per chi, come il sottoscritto, si è innamorato di questo franchise nel lontano 1987, guardando il primo, inimitabile Predator, di John McTiernan, con protagonista un iconico Arnold Schwarzenegger al colmo del suo successo, qualcosa non torna.

Perché Predator: Badlands indubbiamente sovverte l'immaginario originale di questa saga, e non solo in quanto la storia viene narrata dal punto di vista di un Predator, che diventa il protagonista della pellicola.

Perché questo mortale cacciatore, nei primi film della saga sempre avvolto da un'aura di mistero, ci viene mostrato in una condizione di inferiorità, di fatto un reietto del suo mondo, che si allea con un rifiuto della compagnia Weyland-Yutani per raggiungere i suoi obiettivi. Un totale cambiamento di prospettive.

Ma Predator: Badlands è un figlio del suo tempo, in cui nel cinema mainstream la violenza deve essere sempre stemperata, l'inclusività deve dominare e i buoni sentimenti, alla fine, devono sempre vincere.

Comunque, al netto di queste considerazioni, questo film rimane un buon prodotto di intrattenimento, senza alcuna pretesa, che però potrebbe lasciare dell'amaro in bocca ai puristi del franchise.