Una giovane madre (Halle Berry) assieme ai suoi due figli, Nolan (Percy Daggs IV) e Samuel (Anthony B. Jenkins), e al fedele cane Koda, vive in una casa di legno perduta nei boschi.
Lei ripete continuamente alla prole che l’unico modo per sopravvivere alle forze del Male, che dominano il mondo e che hanno sterminato l’umanità, è di rimanere legati con delle corde alla casa quando ci si allontana alla ricerca di cibo.
La situazione non è per niente rosea. Le riserve alimentari stanno finendo e la piccola serra dove la famiglia cerca di fare crescere qualche vegetale commestibile non produce molto.
Nel bosco gli animali scarseggiano, la fame aumenta e, cosa ancora più pericolosa per l’unità del piccolo gruppo, i semi del dubbio stanno germogliando nella mente del figlio più piccolo. Che la mamma non la racconti giusta?
Probabile, ma come sempre nulla è come sembra...
Never Let Go – A un Passo dal Male: un interessante horror fatto con mestiere
La casa solitaria perduta nei boschi ostili e tenebrosi è un tema abusato nel cinema di genere (basti pensare al recente The Watchers - Loro ti Guardano), ma ha ancora un fascino irresistibile, specie quando le forze del Male non hanno un volto preciso e tendono a rimanere nel fuoricampo.
Non a lungo, certo, ma quanto basta per rendere l’inizio del film veramente intrigante. La dicotomia manichea tra Bene e Male rimane l’asse portante di tutta la narrazione, con annessi riti apotropaici e filastrocche benauguranti, tratteggiando un contesto che porta subito a pensare a quanto raccontato in The Village, di M. Night Shyamalan, del 2004.
In realtà Never Let Go – A un Passo dal Male sembra proporre diverse spiegazioni alla situazione paranoica che i tre protagonisti si trovano a vivere, senza mai schierarsi apertamente in favore di una o dell’altra, limitandosi a suggerire, ad alludere, a citare.
E questo è il grande punto di forza, ma anche il limite, di questo film.
Dipende anche dai gusti personali, ovviamente, ma devo dire che il finale è forse troppo ambiguo, visto che vengono forniti molti indizi, tra loro anche contraddittori, ma non il quadro complessivo dove inserirli, col rischio che qualche spettatore esca dalla sala cinematografica profondamente perplesso.
Questo film in definitiva è una intrigante fiaba fiaba nera che mostra poche scene splatter ma regala forti momenti di tensione, tra presenze malefiche ultraterrene (vere, immaginate e presunte), problemi molto pragmatici di sopravvivenza, imprevisti vari e dinamiche familiari malate.
Ed è difficile non vedere le corde che legano i tre protagonisti alla casa di legno circondata dal bosco oscuro come una metafora del cordone ombelicale, che inevitabilmente prima o poi deve essere resciso, per permettere ai bambini di diventare adulti e affrontare i pericoli del mondo reale. Al di fuori della casa di mamma, ovviamente.
Un racconto concepito bene, con un pugno di attori molto bravi che danno vita a personaggi ben disegnati, con un finale (forse troppo) aperto che lascia spazio a possibili elucubrazioni intellettuali sul reale significato della pellicola, ammesso si senta il bisogno di trovarne uno, o quantomeno sulla vera natura delle forze del Male che sembrano agire sui protagonisti.
Da vedere. Al cinema.