Napoli. “La virgola è la chiave di tutto. Ma Lei non l’ha vista la virgola dopo il ‘Già’?”. Teatro Bellini, dal 24/05/2025 al 1/06/2025: “Morte accidentale di un anarchico” di Dario Fo e Franca Rame, regia di Antonio Latella.

Il teatro è completamente scomposto. Alcuni attori sono mischiati agli spettatori, sul proscenio, dietro al sipario che simboleggia “il fuori” di una finestra. Daniele Russo, in silenzio, ripercorre il perimetro vivo del disegno della scientifica che, il 15 dicembre 1969, rilevò il cadavere di Giuseppe Pinelli, schiacciato al suolo dopo un volo dal quarto piano.

Cose da “anarchici”, cose che capitano in tempi lontani. O no?La danza dei movimenti scenici è di Isacco Venturini; la drammaturgia di Federico Bellini. L’allestimento si innesta sulla scena- sagoma di Giuseppe Stellato, che la regia di Latella modernizza, apre, libera e attualizza. Si tratta di una prosa in due tempi che Dario Fo rappresentò alla Comune di Milano nel dicembre 1970, la pièce di un interrogatorio verso un indiziato presunto colpevole.

Protagonista è la fatica di un “Matto” schiacciato dalla gravità della scenografia, con addominali e timbri vocali che trattengono il mondo esterno: Daniele Russo, disinvolto ma pensieroso, è circondato da Annibale Pavone, Edoardo Sorgente, Emanuele Turetta. I tre sono, a loro volta, avvinghiati dai pupazzi realizzati presso il Laboratorio di Sartoria del Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa. Il peso dei fatti, viene alleggerito da un personaggio con battute in napoletano.

L’istruttoria per il “suicidio” dell’anarchico, che si è gettato da un ufficio del quarto piano della questura di Milano, lascia che il pubblico sia il vero giudice, sistemato ad hoc sul palco, il luogo della finzione per eccellenza, o affacciato tra i decori ottocenteschi della galleria.Lo spettatore è con il naso all’ingiù ad ascoltare il destino di un ferroviere nella sua «morte accidentale». La prospettiva dello spettacolo è il punto di forza, insieme a squilli di telefono e flash fotografici di una tecnica audio eccellente, decorata dal disegno luci di Simone De Angelis. Luci che raccontano da sole le ombre di una vicenda che a tratti riprende le atmosfere dei radiogrammi.Passato e presente si mischiano senza confondersi.

Si avvia la controinchiesta. A volte in scena si esagera, si cede alle grida, ma lui, il personaggio che parla in dialetto, spezza il ritmo, regala respiri. Non capiamo perché una parte del pubblico abbia avuto dei cappelli a sipario chiuso, né perché i sedili della platea vuoti non siano stati coperti. Elementi che lasciano aspettative forti, come se una folla dovesse invadere il campo.Il Matto, recita e riflette sui verbali trovati negli archivi, affinché la stampa e l’opinione pubblica sappiano dell’istigazione al suicidio: “Provocate attenti per aver il pretesto di intervenire!”.Daniele Russo indossa un calzino rosso e ha perso una scarpa, tale simbolo valida il fatto che “la vostra versione manca di umanità”. Nel secondo atto, avvolta nei costumi di Graziella Pepe, entra Caterina Carpio con la forza di un’esplosione di verità. Interpreta una giornalista lucida, spiazzante, così pura da apparire surreale. Sostenute dalle musiche e dai suoni di Franco Visoli, rimbombanonella mente le parole attuali della prosa: “Siamo nello sterco fino al collo, ed è proprio per questo che cammino a testa alta”.
Anita Laudando Corrispondente da Napoli
Foto di scena di Flavia Tartaglia