In un ipertecnologico ma distopico futuro, Mickey Barnes (Robert Pattinson) è sepolto dai debiti e in fuga da creditori che vogliono fargli la pelle. Per questo pensa bene di svignarsela su un astronave in partenza per colonizzare il pianeta Nilfheim.
Il problema è che non ha nessuna qualifica, e la fila di disperati in cerca di un futuro migliore è interminabile. Per assicurarsi la possibilità di salire a bordo, sottoscrive quindi un contratto per essere assunto come “sacrificabile”, senza rendersi conto di cosa esattamente implichi accettare quella strana qualifica.
Ma lo scopre ben presto. In pratica deve impegnarsi in missioni suicide, contando sul fatto che dopo essere morto il suo corpo viene clonato da una stampante tridimensionale, grazie al fatto che le informazioni relative alla sua struttura fisica e la sua memoria vengono immagazzinati su appositi dispositivi di memoria.
A mano che le morti si susseguono, le nuove copie di Mickey ricevono un numero ordinale crescente. Dopo essere morto congelato, arso vivo, bruciato dalle radiazioni, devastato da un virus sul nuovo pianeta, annichilito dai vaccini sperimentali per la sua cura, alla fine Mickey 17 si ritrova abbandonato nel sottosuolo di Nilfheim, ferito e lasciato in balia delle strane forme di vita autoctone.
Ma il bello (ovviamente) deve ancora venire...

Mickey 17: il regista sudcoreano sforna una critica sarcastica della società contemporanea, senza troppo mordente, con un grande Robert Pattinson come protagonista
Il film ruota intorno a un tema molto caro a Bong Joon-ho: la divisione manichea della società tra ricchi poveri, che implica uno sfruttamento spietato delle classi subordinate, che in genere cercano disperatamente di ribaltare l'ordine costituito.
I potenti della Terra sono plasticamente rappresentati dal capo della spedizione spaziale di colonizzazione, Kennet Marshall (Mark Ruffalo), e da sua moglie Ylfa (Toni Collette).
Kennet è un politico trombato, leader di una setta pseudoreligiosa, affetto da un narcisismo patologico, bisognoso di circondarsi di lacchè, yes-man, ed esperti di marketing e comunicazione, per alimentare il proprio ego elefantiaco.
I riferimenti a Donald Trump sono secondo me neanche tanto velati, e tutto il racconto mantiene un'atmosfera sarcastica, ma con un taglio molto più piatto e meno coinvolgente di quello che ho visto in Parasite, film di Bong Joon-ho del 2019, il suo ultimo uscito prima di Mickey 17, che invece alternava e mescolava con grande efficacia toni diversi.

Il racconto viene vitalizzato dalla compresenza di due Mickey – il 17 e il 18 – la cui differenza caratteriale è un buon motore narrativo e occasione per mostrare situazioni divertenti nella storia. Il tema della compresenza di cloni gemelli non è nuovo, era al centro del racconto di Moon, film di Duncan Jones del 2009, dai toni però molto più seri.
Il film nel complesso comunque funziona abbastanza bene, nonostante i 139 minuti di durata, anche grazie all'ottimo cast, a cominciare dal bravo Robert Pattinson, (bi)protagonista della pellicola, che ha impersonato due Mickey con caratteri del tutto diversi per buona parte del racconto.
La mia impressione è che questa volta Bong Joon-ho, nella sua triplice veste di regista, sceneggiatore e produttore, si sia limitato a fare un bel compitino, senza mai forzare la mano, realizzando un prodotto commerciale senza macchia e senza lode, contando sul successo commerciale che il suo nome e i temi trattati – molto di moda - avrebbero garantito.
Scelta più che lecita ovviamente. Il cinema è anche questo.
Mickey 17 - trailer ITA