Oregon. Anni Novanta. La giovane agente dell’FBI Lee Parker (Maika Monroe) risolve un caso difficile grazie a una sua incredibile intuizione, dono dei suoi poteri psichici, sui quali però non sembra avere un grande controllo.
Viene assegnata a un caso ancora più complesso. Da circa trent’anni è in azione nella zona un serial killer associato a dei terribili omicidi-suicidi. Ogni volta un padre di famiglia sembra essere colto da un raptus, e dopo avere sterminato moglie e figli pone fine anche alla propria vita.
Inoltre viene sempre assassinata una ragazza nata il giorno 14, e viene sempre trovato sul posto un biglietto, scritto con dei caratteri indecifrabili e firmato “Longlegs”.
Lee si mette subito in azione, ma ben presto si renderà conto che il caso è in qualche modo legato con accadimenti della sua infanzia e che non tutto può essere spiegato con la razionalità…
Longlegs: una riuscita pellicola minimalista che mescola triller e horror, con una bravissima Maika Monroe e un incredibile Nicolas Cage
Il racconto scorre lentamente, le poche giornate narrate sono sempre coperte da un cielo plumbeo, dove pochi personaggi si muovono in un’atmosfera rarefatta, spesso notturna e in interni spogli, dominata da colori tenui e grigiastri.
Pochi personaggi, tutti caratterizzati però benissimo, in un film dove tutti gli elementi sono dosati con cura e nulla è lasciato al caso. Maika Monroe è molto brava nel dare un volto alla giovane protagonista, all’inizio descritta come una donna votata al dovere, con qualche problema di relazione, ma con un oscuro passato, e la presenza di una madre che continua ad avere un peso determinante nella sua vita solitaria.
Il film comincia come una classica ricerca al misterioso serial killer, in un clima alla Il Silenzio degli Innocenti, con una venatura di soprannaturale per i poteri di chiaroveggenza di Lee, ma poi gradualmente vira verso l’horror, in maniera misurata, cominciando con dei flashback inquietanti.
E la parte soprannaturale del racconto è dominata dalla figura inquietante del serial killer, che dà il nome alla pellicola, impersonato da un geniale e irriconoscibile Nicolas Cage, al centro di alcune scene veramente disturbanti, girate senza mai esondare nello splatter.
Un film che desta inquietudine anche perché i fatti raccontati sono circondati da un’urea di crudo realismo, tanto da rendere verosimile anche ciò che non lo può essere affatto.
Un racconto giocato sul lento incastro di particolari che sembrano buttati a caso, ma che lentamente disvelano un disegno complessivo raccapricciante, nel quale il tessuto del male assoluto emerge con gradualità ma con potenza irresistibile, parallelamente al ritorno del pensiero di Lee nei fatti della sua infanzia.
Un racconto basato sulla contrapposizione di due personaggi complessi, Lee e Longlegs, che all’inizio della pellicola impersonano il solito, inevitabile scontro frontale tra le forze del bene e quelle del male, ma nel proseguo del racconto rendono evidente come certe dicotomie manichee sono vere solo in apparenza, mentre nella realtà sono molto più sfumate.
Nel complesso un film veramente intrigante, che risucchia lo spettatore in una atmosfera inquietante, tratteggiata lavorando molto sull’atmosfera e mostrando in definitiva molto poco, sorretto da un storia ben disegnata e difficilmente prevedibile, recitata da un pugno di attori in stato di grazia.
Da vedere assolutamente. Al cinema.