La Pinault Collection in Punta della Dogana ospita fino al 23 Novembre 2025 Genealogies, la prima grande retrospettiva in Italia dell'artista Thomas Schütte. La mostra è a cura di Jean-Marie Gallais e Camille Morineau.
Thomas Schütte, nato nel 1954 a Oldenburg, Repubblica federale della Germania, ha acquisito una grande importanza nel mondo dell'arte contemporanea e ha ricevuto il Leone d'oro della Biennale di Venezia nel 2005.
La Pinault Collection possiede una vasta collezione delle opere dell'artista, rappresentative dei suoi diversi periodi. Il percorso espositivo è stato studiato assieme Thomas Schütte stesso, per accedere alla parte più intima della sua arte, a ciò che sta dietro a quello che inconsapevolmente osserviamo. Questo avviene anche grazie a una serie di inediti lavori su carta, che ci invitano a entrare nella sensibilità che muove la sua vita e la sua arte.
Ciò che con la mostra si vuole esplorare sono soprattutto le diverse sfaccettature dell'umanità, esplorata in tutte le sue dimensioni, dal personale e quotidiano al pubblico e politico. In ogni sala sono proposte opere con diverso supporto e materiale, ma spesso veicoli di uno stesso messaggio: in questo modo lo spettatore è portato a entrare materialmente nel processo creativo nelle sue diverse declinazioni, nel passaggio dall'immateriale al più diverso materiale.
Lo stesso percorso espositivo è studiato con lo scopo di far immergere noi spettatori dentro a un mondo diverso, che si basa su un dialogo incessante tra l'opera e la persona. Nella prima sala ci accolgono figure monumentali, che sembrano voler incedere ma che sono bloccare dal loro basamento. Figlie dei Prigioni di Michelangelo, queste figure invischiate nel fango (Mann im Wind) sono una glorificazione dell'insuccesso e della perseveranza, quasi che vogliano celebrare, nella loro essenza di anti-monumenti, ciò che sta dietro la fama e l'infamia.

Ma l'umanità è sempre stata schiava della politica dei potenti e Thomas Schütte denuncia l'egoismo dei governanti che depredano il mondo a loro vantaggio attraverso gli Efficiency Men, tre sagome che non hanno più tratti fisiognomici riconoscibili, ma sono macchine rapaci che avanzano verso la prossima preda. Hanno completamente perso la loro umanità nei loro volti di silicone e i loro corpi hanno fatto spazio a scheletri di ferro, scarnificati dalla loro arroganza.

Gli acquerelli, realizzati dall'artista nel corso di tre mesi durante un ricovero in ospedale nel 2022, ci fanno immergere nella sua intimità. Seguiamo per la sala un flusso di coscienza, che non ha intervalli né necessità di coerenza tematica, ma spazia tra diverse tematiche e soggetti. La faccia rossa che sembra annegare in una delle opere sembra quasi chiederci aiuto, nella volontà di essere compresa e ascoltata.

L'artista esplora la multiformità dell'essere umano anche attraverso un materiale legato alla città di Venezia: il vetro di Murano. In vetro è infatti realizzato un autoritratto, creato a partire da un volto femminile, che cattura la luce in diversi modi, invitandoci a girargli intorno per prendere coscienza dei suoi diversi profili: Glaskopf esprime la molteplicità del nostro essere, che copriamo con maschere predefinite.

L'ultima sala sintetizza al meglio la volontà della mostra: la donna, campo di indagine prediletto da secoli dagli artisti uomini, è qui declinata in scultura, ritratto e pitture. Colpiscono in particolare due donne in alluminio, contorte in modo da presentare una anatomia confusa, che per essere compresa ha bisogno di uno studio a 360 gradi. L'Aluminiumfrau non ci permette solo di girarle intorno, ma anche di specchiarci su di lei. Riflettendoci su di essa ci ricordiamo di come, lungi dall'essere sagome chiare e ben definite, dentro di noi siamo scomposti come loro, in cerca di una continua ridefinizione. Allora capiamo che la materia scomposta di Thomas Schütte non è altro che la nostra interiorità, che viene decostruita e ricostruita sempre in modi differenti.
