Suor Cecilia (Sydney Sweeny) è una giovane novizia statunitense, giunta in Italia per prendere i voti, su consiglio di Padre Sal Tedeschi (Alvaro Morte), che la accoglie in un isolato convento, una sorta di ospizio che ospita le suore alla fine dei loro giorni.
L’inserimento nel nuovo ambiente non è facile, ma riesce a legare con Suor Gwen (Benedetta Porcaroli). Attorno a lei accadono cose molto strane, ma il punto di svolta avviene quando si rende conto di essere incinta, pur non avendo mai avuto rapporti sessuali.
Molte suore cominciano a trattarla come una nuova Vergine Maria, ma ben presto la giovane protagonista si renderà conto che nella sua gravidanza c’è molto poco di divino, e il convento nasconde segreti orrendi…
Immaculate – La Prescelta: un film citazionista costruito attorno a Sydney Sweeny
Questo film non regala niente di originale allo spettatore, e allunga la sequela di pellicole che sguazzano nelle commistione tra fede e horror, riciclando in modo più o meno felice quanto già visto in questo genere, come il recente e soporifero L’Esorcismo – Atto Finale.
Se quest’ultimo è stato creato attorno a Russel Crowe, che sembra averci preso gusto a impersonare improbabili prelati avvinazzati, Immaculate – La Prescelta è stato disegnato su misura per fare risplendere la protagonista, interpretata da una brava Sydney Sweeny.
Il suo arco narrativo può essere sintetizzato nel passaggio da uno stato di sottomessa accettazione del suo destino, in mano al microcosmo ferocemente patriarcale rintanato nel convento sperduto nella bucolica campagna italiana, alla presa di consapevolezza della devastazione perpetrata alla sua femminilità, fino alla sua trasformazione finale in una sorta macchina da guerra assetata di vendetta e di sangue.
Tre fasi che coincidono con i tre tempi in cui è suddiviso il racconto, che nel complesso funziona e si lascia guardare, senza inutili cali di ritmo e le cadute di stile che caratterizzano molte pellicola analoghe, come il già citato e inutile L’Esorcismo – Atto Finale.
Il film cita tutto il citabile e pesca a piene mani da quanto già visto – da Suspiria a Rosemary’s Baby – strizzando l’occhio al cinema horror italiano anni settanta, fino al finale splatter al cubo che vede l’incoronazione di Sydney Sweeny come scream queen di inizio secolo.
A parte la badilata di citazioni, che mi chiedo però quanta parte del pubblico sia in grado di apprezzare, se leviamo l’interpretazione della giovane protagonista, del film rimane comunque molto poco.
Per gli amanti del genere. E per gli estimatori di Sydney Sweeny, che di questa pellicola ha fatto una sua valida vetrina promozionale.