E se Pulcinella, fosse come Amleto?
E se la poetica anarchica dei Fratelli Marx fosse più viva che mai nei primi testi della dinastia teatrale scarpettiana?

E se “Il Testamento di Parasacco, ossia Pulcinella e Felice protetti da un Diavolo sfaticato”, commedia “comico-fantastica-spettacolosa” di Eduardo Scarpetta, diventasse un appuntamento fisso nei teatri del nostro paese?
Tre atti scritti 137 anni fa, sono stati rovesciati, come un magma di maschere, in una desiderante, deleziana, teatrale immagine-tempo nella regia di Francesco Saponaro, per una manciata di date a novembre 2025, presso il Teatro Trianon Viviani di Napoli, nella sala già cara alla famiglia di Eduardo dai primi del’900.
Dislochiamo pure la retorica delle logiche di produzione e auguriamoci che certi eventi, talune epifanie artistiche possano girare l’Italia, l’Europa e il mondo. Quest’anno cade il Centenario della morte di Eduardo Scarpetta e sarebbe già un movente. Il cast è di quelli che la storia del teatro la arricchisce senza far rimpiangere nessuno. Rosario Giglio è Asdrubale, Antonella Stefanucci è Brigida, Tony Laudadio è Macario. I pezzi forti, non interpretano, ma Sono. Del resto, tutto lo spettacolo è un pentagramma di autenticità. Vero “paradosso dell’attore”, visto che i canoni barocchi della drammaturgia seicentesca sono rispettati in toto e di approssimazioni di stile nemmeno l’ombra. Eppure passato e presente coesistono: Felicella e Federica Totaro rinviano l’una all’altra, così come la Rosariella di Anna De Stefano, nonché l’Anselmo di Raffaele Ausiello, laCarmenella di Francesca Colapietro, il povero servitore di Mario Cangiano, la draculesca Baronessa di Laura Pagliara e l’anima danzante di Luca Saltarelli.

Un lavoro intenso che meriterebbe un saggio approfondito, uno studio su più piani, proprio come è stato concepito l’allestimento che miscela grottesco e immagin(e)azione. Al Teatro Trianon Viviani , teatro per eccellenza della Canzone napoletana, non potevano che emergere anche musiche d’eccezione: dal vivo e vivi, Mariano Bellopede al pianoforte, Arcangelo Michele Caso al violoncello, Carmine Marigliano ai fiati e Marco Fazzari alle percussioni, sono stati cerniera e varco tra i diversi piani pensati da Francesco Saponaro. È stato come un rito nuovo e antico, che ha adattato il testo ai linguaggi contemporanei senza alterare relazioni e senza mai rompere il diaframma palcoscenico-platea. Le sonorità, la forza delle visioni di Luca Saccoia che emerge da una botola nei panni di Parasacco, lo stregone protetto dal diavolo, sono drammaturgicamente incise dalle luci di Gianluca Sacco e nei suoni di Daniele Chessa.

La favola, che traccia il modo onirico nel suo farsi, è cadenzata dal Pulcinella di Biagio Musella. Una maschera difficile da portare, abusata, invecchiata, decaduta in gigioneria, finalmente è tornata ad avere un senso intimo nella Napoli che sarà e nel suo teatro. Un nuovo punto di partenza. La profondità di questa interprete-azione non fa rumore, ma vibra per giorni nei pensieri dello spettatore. Sala piena ogni sera, eppure solo una fortunata élite ha goduto di questo capolavoro (perché di questo si tratta) che, invece, meriterebbe una tournée. Definito da Enrico Fiore come “un autentico gioiellino”, questo “Testamento di Parasacco” è uno studio per chi ama il teatro e le sue viscere. Comprensibile per chi lo frequenta, ma anche per chi ne fruisce senza aspettative, perché costruito su suggestioni che spaziano dalla commedia dell’arte (impossibile non citare i deliziosi costumi di Anna Giordano) alla biomeccanica, dalle fiabe di Basile alla sceneggiata, da Totò ai neomelodici. E certo che bisogna saperlo fare senza snaturare il testo. Ci riescono. Come fanno? Attraverso “innesti “presi in prestito dall’immaginario collettivo, dalla vita concreta, da assonanze, ritmi, stimoli che «pur senza mai uscire dall’enucleazione dei rapporti dei personaggi, possano creare uno shock elettrico nello spettatore – spiega Saponaro - ho teatralizzato il linguaggio comune, come vuole la tradizione teatrale delle nostre parti, riversando il linguaggio originale del testo in un modo contemporaneo, attraverso l’arte POP».
Abbiamo assistito a qualcosa di impalpabile, siamo tutti caduti dentro un mondo che oltrepassa il tempo. Ma è Felice Sciosciammocca, interpretato da Mario Autore, che con elegante intimità ci ha letteralmente estratto quel cuore pulsante raccolto dall’amore della sua Felicella. Creazione, privilegio, corrispondenze, tentazioni, espansione energetica di grandi artigiani della scena.
Corrispondente Anita Laudando
Fonte: euroroma.net