A 450 anni dalla morte di Vasari, le Gallerie dell’Accademia hanno deciso di celebrare l’artista con la riunificazione dei pannelli lignei che furono eseguiti dall’artista per Palazzo Corner Spinelli.
Per la prima volta, dunque, viene offerta allo spettatore la possibilità di ammirare l’opera vasariana dopo la grande dispersione dei pannelli iniziata nel Settecento: è stato richiesto un lavoro di ben quarant’anni per rintracciarli in collezioni in Italia e all’estero e recuperarli grazie all’ausilio di fondazioni private, del Ministero della cultura e di istituti veneziani, in primis le Gallerie dell’Accademia.
Queste ultime hanno voluto inserite i pannelli nel percorso permanente posizionandoli in modo che ricalcassero il più possibile la collocazione originaria, il punto di vista nel quale e per il quale erano stati creati. Per questo, la sala della loggia palladiana, dove si trovano attualmente, è stata studiata in maniera tale da ricreare quella camera di Palazzo Corner Spinelli a cui il soffitto era destinata. Lo spettatore viene fatto entrare quindi in un ambiente immersivo, dove la luce è indirizzata e indirizzante verso i meravigliosi pannelli, restaurati per dare unità all’insieme della composizione, viste le diverse vicende conservative che hanno avuto come protagonista ognuno di loro.
La ricomposizione del soffitto è cruciale non solo per la conoscenza dell’artista, di cui viene svelata per la prima volta un’opera nel suo insieme; ma anche per la comprensione di come, grazie anche a quest’opera in particolare, sia stata agevolata l’influenza del Manierismo centro italiano su artisti come Tiziano, Tintoretto e Veronese, che presero spunti da questi stessi pannelli.
Il soffitto
Vasari stesso nelle Ricordanze racconta della commissione dei pannelli del soffitto:
“Ricordo come adi otto di aprile 1542 il Magnifico Messer Giovannj Cornaro Gentiluomo Venetjano mi alloga per ordine di Messer Michele da San Michele Veronese Architetto di San Marcho un palcho o soffittato di legniame a dipigniere a oljo con nove quadri grandi in uno di mezzo la Carità che con lj suoj putj atorno che coronano in quattro quadri la fede la speranza et la giustizia et la patientia che tutte sono accompagniate da figure diverse secondo un disegnio fattolj perciò e di più 4 quadri drentovi quatro putti ne canti”.
Ciò che Vasari si accingeva a realizzare era dunque un trionfo di Virtù (Carità, Fede, Speranza, Giustizia e Pazienza), attorniate agli angoli da putti che reggono tabelle, per un totale di nove pannelli lignei. Nella realizzazione interpreta il tema tradizionale del Trionfo delle virtù aggiungendo vicino a ogni figura allegorica un esempio che la rispecchia e uno che ne rappresenta l’opposto. Ed è proprio uno di questi esempi (Giuda che si suicida come Disperazione accanto alla Speranza) che è stato recentemente riconosciuto come appartenente al soffitto, e lì riposizionato: il Suicidio di Giuda, si trovava infatti separato dall’Allegoria della Speranza nel Museo di Casa Vasari ad Arezzo. Dei nove pannelli, di fatto, solo uno non è stato ritrovato, ovvero uno dei Putti con tabelle angolari.
I personaggi, raffigurati in complessi scorci, si stagliano contro un cielo unificante, che sfonda la sala chiusa. Ed è proprio grazie alla ricomposizione del soffitto che i visitatori di oggi possono, nuovamente, proiettare il loro sguardo oltre le virtù stesse, in quel cielo, dipinto da un toscano, ma studiato nel e per il contesto veneziano.