Il restauro
Dopo 4 anni di lavori finanziati da Save Venice con il sostegno di Dr. & Mrs. Randolph H. Guthriele, le Gallerie dell’Accademia ospitano dal 4 ottobre l’esito finale di un lungo processo.
Il lungo lavoro ha restituito la raffinatissima gamma cromatica del polittico, la doratura delle superfici e una incredibile leggibilità dell’iconografia dell’opera, rivelando aspetti tecnico esecutivi preziosi e inediti. In particolare, ciò che è sorprendentemente emerso sono schizzi, disegni preparatori e prove di colore che Paolo Veneziano aveva eseguito in parti nascoste del supporto, schizzi che in molti casi corrispondono alle figure compiute che appaiono nelle varie storie raccontate nel dipinto.
Tecniche altamente innovative sono state utilizzate per questo restauro, come il laser per la pulitura della cornice, che ha permesso di “scavare” gli strati più recenti per arrivare alla doratura ottocentesca, in ottimo stato di conservazione. Sempre per ragioni conservative è stata progettata una nuova struttura di supporto e sostegno.
La pala è stata inserita nel percorso permanente nella sua nuova veste, in una sala appositamente dedicata che si trova, tra l'altro, nella stessa ala dove troviamo il soffitto di Giorgio Vasari recentemente restaurato e ricomposto. La stanza presenta inoltre uno schermo touch screen con il quale è possibile approfondire la storia e il restauro del polittico, osservare gli schizzi nascosti e poi emersi con i lavori sulla cornice, studiare la sua iconografia, finanche osservare meglio i particolari grazie all’alta definizione della sua riproduzione digitale.
Inoltre l’opera è posta di fronte ad una piccola croce astile polilobata, proveniente da una collezione privata e concessa in comodato d’uso alle Gallerie. Questa è attribuita al Maestro dell’Incoronazione della Vergine di Washington del 1324, che da alcuni è identificato o nel fratello o nel padre di Paolo Veneziano.
La storia
La comprensione di un’opera raramente può prescindere dalla conoscenza del contesto per cui fu commissionata. In questo caso parliamo del complesso monastico di Santa Chiara, fondato negli anni Trenta dell’XIII secolo. Questo era un cenobio francescano femminile che aveva ospitato nel tempo donne dalle più influenti famiglie veneziane. Questo spiega l’utilizzo di materiali costosi e ricercati come l’oro e il blu di lapislazzuli, materiali pagati spesso dai committenti stessi, che dimostravano con le opere commissionate la loro ricchezza. La stessa scelta del pittore veneziano più quotato del tempo è significativa dell’importanza della destinazione. Non abbiamo notizie della sua collocazione originaria, ma presumibilmente un’opera del genere avrebbe potuto trovare collocazione sull’altare maggiore della chiesa esterna, in modo da poter essere visto e ammirato dalla comunità cittadina. Tuttavia, siccome i particolari e i dettagli del polittico possono essere scorti con una visione ravvicinata e privilegiata, è probabile che il polittico potesse fare parte dell’arredo liturgico del coro delle monache.
Fatto sta che il polittico rimase al sicuro nelle mura del monastero fino al 1806, quando, con l’azione napoleonica che toccò diversi monasteri e conventi, il monastero fu soppresso e i suoi beni confiscati. La sorte del polittico fu lo smembramento: lo scomparto centrale con l’Incoronazione fu inviato alla Pinacoteca di Brera (come molte delle opere confiscate nell’età napoleonica), mentre le restanti tavole vennero acquisite dall’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Siccome nel corso dell’Ottocento non era ancora stata delineata criticamente la figura artistica di Paolo Veneziano, per molto tempo le parti del polittico furono associate ai nomi di Nicoletto Semitecolo o Lorenzo Veneziano, fino a che nel 1924 Raimond van Marle comprese che si trattava di quel Paolo Veneziano che con i figli aveva firmato la pala feriale della Basilica di San Marco.
Tra il 1828 e il 1829 si sentì la necessità di restaurare le parti in possesso dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Per questo, non essendo in possesso della parte centrale, separata del resto delle tavole, decisero di sostituirla con una di analogo soggetto e datazione dell’artista Stefano di Sant’Agnese, che però, essendo più piccola dell’originale, richiese aggiustamenti sulla struttura.
A partire dal 1894, su iniziativa del direttore delle Gallerie dell’Accademia, Giulio Cantalamessa, iniziarono le trattative per riportare lo scomparto centrale originario del polittico a Venezia. Tuttavia passarono anni, e solo nel 1950 il polittico fu finalmente ricomposto con la tavola centrale originaria, grazie all’accordo tra i Soprintendenti di Venezia e di Milano.
L’iconografia
Il polittico di Santa Chiara risale al periodo tra il 1335-1340 circa. Essendo stato eseguito per le monache di Santa Chiara presenta tematiche fortemente connesse a una sensibilità femminile. Al centro della composizione troviamo l’iconografia dell’Incoronazione della Vergine, un motivo occidentale che ebbe molta fortuna, soprattutto in laguna, per tutto il XIV secolo: solitamente Dio Padre seduto in trono incorona la Vergine che accoglie umilmente il gesto, il tutto si svolge con la presenza di angeli e santi. In questo caso Cristo e la Vergine, seduti sullo stesso trono e sontuosamente ammantati, sono scagliati contro un cielo stellato (che rappresenta il mondo ultraterreno) e sovrastati da angeli musicanti che reggono i più diversi strumenti.
Gli scomparti laterali presentano otto scene tratte dalla vita di Cristo, dalla Nascita alla Resurrezione. È da notare (ed è fattibile soprattutto grazie agli interventi di restauro) che in tutte le scene narrative del polittico le pieghe e i panneggi sono segnati da una rete di lumeggiature a foglia d’oro. Questo è un motivo che riporta all’Oriente bizantino, e che veniva utilizzato per sottolineare l’importanza dell’effigiato: ritorna non a caso nelle vesti della Vergine ed è visibile in maniera chiara nella rappresentazione di Cristo nell’Ultima cena.
Nel registro superiore si alternano invece episodi della vita di San Francesco e Santa Chiara, compresi tra la Pentecoste e il Giudizio Universale. Sempre nella parte alta i testimoni silenziosi della narrazione sono re Davide, il profeta Isaia e i quattro evangelisti.
Possiamo dire senza dubbio che il privilegio di cui godevano inizialmente le monache del complesso monastico di Santa Chiara è passato a noi spettatori odierni proprio grazie al restauro: così il polittico splende davanti a noi alle Gallerie dell’Accademia, raccontandoci del suo vissuto con la ritrovata dignità ed eleganza.