L'amato imperatore Marco Aurelio è defunto da sedici anni, e sul trono di Roma sono assisi i due gemelli Geta e Caracalla, personaggi psicotici che reggono il potere con dispotica violenza.
Il prode generale Marco Acacio (Pedro Pascal) conquista l'ultima città libera della Numidia, e durante i feroci combattimenti cattura un sacco di prigionieri, tra cui il valoroso Acacio (Paul Mescal), che ha perso la sua amata moglie nella furia della battaglia.
Divenuto schiavo, viene notato per il suo valore da Macrino (Denzel Washington), mercante di schiavi che rimane colpito dalle sue capacità, dimostrate in un combattimento contro feroci scimmie nell'arena di Anzio.
Annone diventa il gladiatore di punta della scuderia di Macrino, che progetta di utilizzarlo per prendere il potere a Roma, sfruttando il suo odio cieco contro Marco Acacio.
Ma il prode Annone scopre strada facendo di chiamarsi Lucio Vero e di essere nientepopodimeno che il figlio di Massimo Decimo Meridio, il protagonista del primo Il Gladiatore, e le cose si complicano...
Il Gladiatore 2: un sequel telefonato e arruffone
Che dire. L'ottuagenario Ridely Scott sforna un film che, sulla scia del suo Napoleon, non cura l'aderenza storica degli eventi narrati, cosa di per sé accettabile, ma tradisce anche lo spirito del primo, inimitabile Il Gladiatore.
In questo sequel il motore che mette in azione il protagonista non è la tensione verso valori superiori e lo spirito di sacrificio che caratterizzavano Massimo Decimo Meridio, ma una adolescenziale rabbia repressa e il bisogno di vendicare i torti subiti, e chissenefrega se il resto del mondo affonda.
Salvo poi cambiare registro quando scopre di essere un cittadino romano con tanto di pedigree imperiale, con un colpo di scena telefonato che non riesce a riscattare un personaggio che non può minimamente competere con quello interpretato da Russel Crowe, diventato ormai un'immagine iconica indimenticabile.
Un figlio non altezza del padre, neanche nei dialoghi, che non hanno nulla di memorabile, ma che si limitano a pescare a piene mani da quanto pronunciato dal protagonista della prima pellicola.
Al di là delle inesattezze storiche, sulle quali si può tranquillamente sorvolare, il film si concede comunque delle licenze che rasentano il ridicolo: un senatore che legge il giornale bevendo il caffè, scimmie inverosimili evidentemente create con la computer grafica, che potrebbero appartenere all'immaginario di Star Wars, un rinoceronte grande come un autobus, squali che si muovono a velocità missilistica nelle acque del Colosseo.
Per non parlare di un finale in cui i pretoriani, impassibili e spietati tagliagole al servizio di due malati di mente fino alla scena prima, ascoltando un debole discorsetto del buon Lucio Vero aka Annone sembrano quasi commuoversi per abbracciare l'idea di un Roma repubblicana. Clap clap.
Licenze prese indubbiamente in nome della spettacolarità, ma che a mio avviso rendono altrettanto indubbiamente questo film del tutto incapace di rendere il confronto con la pellicola di cui vuole essere il seguito.
Certo, se uno decide di spegnere alcune aree encefaliche, tra cui quelle della memoria a lungo termine, dove sono immagazzinate le informazione relative al primo Il Gladiatore, e decide di lasciarsi trasportare dal racconto in modalità completamente passiva, due ore e mezzo d'intrattenimento sono garantite.
Anche se magari due orette scarse sarebbero state una scelta più opportuna, vista anche la pochezza del racconto, che riprende, in modalità risparmio energetico, gli snodi narrativi del primo capitolo.
Mah. Comunque il cinema è anche questo. Purtroppo.