In pochi sanno che, superata la Basilica di San Marco per andare verso Palazzo Ducale, proseguendo per l'angolo esterno della Basilica stessa, possono imbattersi in quattro antiche sculture in porfido rosso: i Tetrarchi.
Seppure siano da secoli posti alla mercè di turisti e persone che passano davanti a loro con indifferenza ogni giorno, i quattro Tetrarchi hanno una storia lunga e curiosa. Il monumento è infatti databile tra il 293 e il 303 d.C. circa, faceva parte di due colonne onorarie in porfido rosso, poste probabilmente assieme a un gruppo più ampio, nella piazza monumentale, nota come Philadelphion.
Fu portato a Venezia da Costantinopoli a seguito della crociata indetta da Innocenzo II intorno al 1204, assieme ai famosi cavalli.
Di fatto l'origine bizantina dei personaggi è stata confermata definitivamente verso la seconda metà del Novecento, a seguito degli scavi del Myrelaion, quando fu trovato il frammento del piede della statua di destra, ora conservato al Museo Archeologico di Istambul.

Ma cosa rappresentano queste sculture, attribuite a maestranze egiziane? L'ipotesi ormai accettata è che si tratti dei Tetrarchi, due Augusti e due Cesari. Diocleziano infatti, ottenuto il potere, nominò nel 285 come suo vice in qualità di cesare Marco Aurelio Valerio Massimiano, che in poco tempo elevò ad Augusto. Si rimase così in una situazione di diarchia fino al 293, quando Diocleziano operò una ulteriore suddivisione dell'impero nominando due Cesari, uno a Occidente e uno a Oriente: Costanzo Cloro e Galerio.
Le figure allora sarebbero rappresentate così unite a indicare la fraternitas e la concordia tra i Tetrarchi, laddove gli Augusti più vecchi abbracciano i due Cesari più giovani. La differenza di età e ruolo è sottolineata dalla barba e dal volto segnato che contraddistingue i due Augusti. Le figure del resto presentano la stessa voluta rigidità e somiglianza tra loro: misurano la stessa altezza (1 metro e 30), sono vestite allo stesso modo e colte nelle stesse pose.
La loro posa ha tra l'altro suscitato una seconda interpretazione tra i veneziani, tra i quali le figure erano note anche come i quattro mori o i quattro ladroni, poiché si associavano a quattro uomini sorpresi a trafugare il tesoro di San Marco e poi puniti con la pietrificazione.
I tetrarchi dunque, con la loro storia di spostamenti e viaggi, occupano da secoli il loro posto nella Piazza, isolati e silenziosi osservano le persone che sempre di più li ignorano. Forse, con i loro sguardi fissi nel vuoto cercano soltanto di essere notati, riconosciuti e rispettati.
