L’arte e la poesia sono due linguaggi paralleli, due forme espressive che, pur percorrendo strade diverse, si incontrano nel tentativo di dare voce all’indicibile. Entrambe cercano di svelare l’essenza della vita e il mistero che si cela dietro l’apparente semplicità dell’esistenza. Il senso e il mistero della vita è un enigma che l’uomo ha cercato di decifrare attraverso ogni forma d’arte. La poesia distilla emozioni, raccoglie attimi e li trasforma in parole che respirano, mentre l’arte figurativa cattura il visibile per rivelare l’invisibile. Le due arti si sostengono a vicenda: la parola suggerisce forme e colori, l’immagine evoca versi e ritmi. È in questo dialogo ininterrotto che si manifesta il desiderio di comprendere la nostra presenza nel mondo, di lasciare un segno nella trama mutevole del tempo.
La poesia di Angela Ragozzino e le arti figurative di Enrico Raimondo (fotografo), Benedetto Scaravilli (fotografo), Giovanni Conservo (scultore), Fabio Recchia (pittore), Franca Maschio (pittrice), Gustavo Delugan (scultore) si incontrano in C’è ancora speranza per raccontare l’intreccio tra interiorità e mondo esterno, tra emozione e rappresentazione, tra il visibile e l’indicibile. Angela Ragozzino in prima linea come medico rianimatore e poi come sensibile poetessa ci svela alcuni risvolti di questa ricerca. Ci sono alcuni che questa ricerca la vivono ogni giorno non solo attraverso le parole e le immagini, ma nel cuore stesso dell’esistenza umana: i medici, e in particolare i rianimatori, coloro che combattono incessantemente contro il limite ultimo, la fine della vita. Il medico rianimatore non è solo un professionista della cura, ma un custode di speranza, un tramite tra l’essere e il non-essere, tra la fragilità umana e il miracolo della sopravvivenza. Nel suo lavoro si concentra la tensione tra scienza e destino, tra la razionalità e l’imprevedibilità dell’esistenza.
C’è un parallelismo tra il mestiere di medico e quello di scrittore: entrambi osservano la vita nelle sue profondità più crude, ne studiano le oscillazioni, ne accolgono le contraddizioni. Lo scrittore, come il medico, cerca di dare senso al dolore, alla bellezza, alla resilienza umana. Il medico rianimatore affronta il dramma della vita e della morte con la stessa intensità con cui un poeta scrive sull’amore, sulla speranza e a volte sulle sconfitte.
Nel sacrificio di chi dedica la propria vita alla salvezza degli altri c’è un atto profondamente artistico: l’abbandono di sé per il bene dell’altro, l’accettazione del rischio, la consapevolezza che ogni gesto può fare la differenza tra la vita e la morte. E questo Angela Ragozzino lo sa bene.
In Angeli delle Notte, dolcissima lirica dedicata ai colleghi del Reparto di rianimazione, la poetessa ricorda il duro lavoro del personale medico: «…A Voi Angeli della Notte/ che sempre/ la speranza date/a chi più non ne ha/ e un sorriso donate/ a chi sorridere/ più non sa…». Significativa poi la straziante lirica la Stanza chiusa: «…Il silenzio cala/ e imprigiona le ore./ Aspetto che passi/ il tempo/ e mi riporti/ la tua voce/ la tua risata/ il tuo cuore…» che ricorda Nicola Della Vedova direttore del Reparto rianimazione scomparso e alla cui memoria la presente silloge è dedicata. Ma «…La vita continua/ tutto procede/ come avresti voluto,/ come se tu fossi/ con noi… /e lo sei!!!.».
La perdita di un collega non è solo l’assenza di una presenza sul posto di lavoro, ma la mancanza di una relazione vissuta tra conversazioni quotidiane, esperienze condivise e complicità professionale. L’affetto per un collega che non c’è più è una forma di rispetto che si tramuta in memoria, un’eredità che resta nelle abitudini, nei consigli scambiati, negli aneddoti che si continuano a raccontare. È una nostalgia che prende vita ogni volta che un momento lavorativo richiama il suo contributo, ogni volta che un gesto o un’idea sembrano ancora portare la sua firma.
L’incontro tra parola e immagine, vuole rendere omaggio anche a quel senso di infinito che si cela non solo nella natura e nella bellezza, ma anche nel cuore di chi sceglie di donare sé stesso agli altri. Che queste pagine siano un tributo alla meraviglia, alla missione umana, e alla forza di coloro che ogni giorno lottano perché la luce non si spenga, perché ci sia ancora un barlume di speranza nell’Umanità.
Altro tema ricorrente in questo viaggio poetico e figurativo è lo stupore della natura che spesso diventa una fonte inesauribile di ispirazione artistica per Angela Ragozzino. La luce che accarezza un paesaggio, il vento che sfiora le fronde, l’eco di un mare distante, tutti questi elementi parlano agli artisti e ai poeti, che li trasformano in opere capaci di restituire l’emozione primordiale del meravigliarsi. La natura è una tela infinita su cui la vita disegna i suoi mutamenti, e attraverso il filtro dell’arte, ci insegna a guardarla con occhi nuovi, a riscoprire la bellezza nel più piccolo dettaglio. La natura è da sempre una delle muse più potenti per l’arte, capace di suscitare emozioni profonde e stimolare la creatività in modi imprevedibili.
La natura offre forme, colori e ritmi che hanno guidato la mano di pittori, poeti, scultori e musicisti per secoli. Le linee morbide delle nuvole blu, il movimento delle onde, la trama intricata delle foglie, la pioggia, il colore di un tramonto, ogni dettaglio è una lezione di estetica, una fonte di armonia che l’artista assorbe e rielabora. Si leggano i versi della lirica E vado incontro alla notte che si allinea perfettamente all’omonimo scatto fotografico di Benedetto Scaravilli: «Lunga è la via/ al calar della sera./ Scende il sole oltre il monte/ e tutto si tinge di rosso./ …E vado incontro alla notte./ Ripenso al giorno/ appena trascorso/ tra mille ambasce/ ed incertezze…».
Il contatto con la natura risveglia i sensi e genera stati d’animo che si traducono in espressione artistica. La tranquillità di un bosco, la vastità del mare, la forza di un temporale possono evocare malinconia, gioia, introspezione, diventando materia per la creazione artistica. Tramite le meraviglie della natura Angela Ragozzino indaga il senso della vita e la condizione umana. La ciclicità delle stagioni, la caducità di un fiore, l’immensità del cielo notturno sono metafore potenti che portano alla riflessione e alla ricerca del significato dell’esistenza e alla contemplazione del Miracolo delle naturacome recita una sua lirica: «…Spunta il sole,/ una tiepida brezza/ l’accompagna./ Solca il cielo azzurro/ punteggiato/ di bianche nuvole/ che gli fan da corteo…» in perfetta simbiosi con Le Nuvole Blu del fotografo Benedetto Scaravilli e il Prato di margherite di Enrico Raimondo.
Come le onde si infrangono sulla riva e poi si ritirano nell’immenso respiro del mare, così la parola poetica e il segno artistico oscillano tra l’intimo e l’universale, tra il finito e l’infinito. La natura si manifesta nelle sue meraviglie - una montagna che sfiora il cielo, una foresta che si perde nell’orizzonte, il riflesso di una notte stellata sul silenzio - e lo scrittore, nel contemplarle, percepisce il proprio essere come parte di quel tutto, come frammento di un infinito che lo avvolge e lo nutre: «…La natura si produce/ in mille doni, colorata/ di note dolci e cangianti…» (Aria di Ferragosto). L’arte figurativa e la poesia diventano quindi strumenti di esplorazione, specchi di un’interiorità che, come la natura, è vasta e insondabile. Il pennello che traccia un cielo senza fine, il verso che evoca il battito eterno delle stagioni: ogni opera è un varco, un tentativo di dialogo con quel senso di grandezza che ci abita e ci sfida. L’infinito, nella sua essenza, non è solo ciò che è irraggiungibile, ma anche ciò che vive dentro di noi, nelle domande che ci poniamo, nelle emozioni che ci sovrastano, nei sogni che non hanno confini. È un viaggio tra le parole e le immagini, una ricerca di quel momento sospeso in cui l’arte riesce a tradurre l’infinito in un attimo di pura comprensione. Che sia un invito a lasciarsi attraversare dalla meraviglia, a osservare il mondo e sentirsi parte di esso, senza barriere, senza tempo.
Questo libro nasce dall’incontro tra parola e immagine, tra intuizione e rappresentazione, tra l’interrogativo sulla vita e la contemplazione del mondo. Un invito a cercare, a osservare, a sentire perché, in fondo, è proprio nello stupore che si cela la risposta più autentica al senso dell’esistenza. Nel dialogo silenzioso tra poesia e arte figurativa si svela un mondo di parallelismi e corrispondenze, in cui ogni forma espressiva risponde all’altra in un delicato gioco di riflessi. Laddove la poesia scolpisce l’invisibile con il potere delle parole, l’arte figurativa lo traduce in segni e colori, tracciando visioni che parlano senza bisogno di voce. C’è ancora speranza nasce dal desiderio di esplorare le sottili connessioni tra queste due arti, indagando come l’una possa nutrirsi dell’altra in un continuo scambio di suggestioni. Le parole diventano pennellate di emozioni, le immagini si trasformano in versi silenziosi; come diceva Orazio nell’Opera Ars poetica «La pittura è una poesia muta, e la poesia è una pittura cieca». Nel viaggio che si compie tra queste pagine, l’arte e la poesia non sono separate, ma si intrecciano in un dialogo ininterrotto. L’incontro tra le due discipline crea uno spazio di risonanza, dove il linguaggio poetico suggerisce forme e colori, mentre le immagini evocano ritmi e sentimenti. Un invito a vedere le arti non come mondi distinti, ma come percorsi paralleli che si arricchiscono a vicenda, in un’armonia senza confini.
Altro tema trattato dall’autrice è l’amore, nelle sue molteplici forme, è il filo invisibile che lega le esistenze, un sentimento che si manifesta con sfumature diverse a seconda dei legami che intrecciamo nella vita. L’amore filiale, il sentimento per il padre: l’amore per il padre è una costruzione che si modella nel tempo, tra gesti silenziosi, protezione, insegnamenti e comprensione. È un affetto che può essere fatto di gratitudine, di ricerca, a volte di conflitti che si trasformano in rispetto. La figura paterna porta con sé il peso delle aspettative e la dolcezza di un riferimento che spesso si comprende pienamente solo col tempo. L’amore per il padre è una continua scoperta, una riscoperta nel riflesso dei suoi gesti nei nostri, una voce che continua a esistere dentro di noi, anche quando il tempo lo ha portato altrove. Si leggano i versi della lirica Al Mann dedicata al padre, dirigente al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che per certi aspetti descrivono un destino simile a quello del presente prefatore quando ricorda la figura paterna: «…Così ti rivedo/ al tavolo da lavoro/ immerso ed attento,/ fra colonne di numeri/ tutti in fila ed ordinati,/ come si usava/ nei vecchi registri/ ed io bimba, al tuo fianco…».
Questi sentimenti hanno un valore profondo: l’amore per il padre è radice e origine, l’affetto per un collega che non c’è più è un omaggio alla sua esistenza nel nostro cammino. Sono legami che sopravvivono al tempo, alimentati dal ricordo e dalla gratitudine. Nelle cronache letterarie si ricordano almeno Lettera al padre dello scrittore Franz Kafka: in questa lunga lettera mai consegnata, Kafka esprime il suo rapporto complesso con il padre, fatto di ammirazione e timore, raccontando le dinamiche familiari che hanno influenzato la sua vita e la sua scrittura. Ma anche Il mestiere di viveredi Cesare Pavese: nei suoi diari, Pavese affronta il tema del padre, in un dialogo interiore fatto di memorie e riflessioni che rivelano la profondità di questo legame.
Angela Ragozzino, in sintesi e come sempre, spalanca le porte della propria interiorità, offrendo al lettore il dono più prezioso: se stessa.
Il che non è poco.
Recensione di Michele Miano
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