Guillermo del Toro ci propina l'ennesima versione cinematografica del famosissimo racconto gotico di Mary Shelley, scritto nel lontano 1818. La storia è nota a tutti, e dopo il solito prologo nei ghiacci, ci racconta le vicende del barone Frankenstein e della sua creatura, dai punti di vista dei due personaggi principali, mantenuti ben distinti, in quanto raccontati in maniera consecutiva e non alternata.
Un'idea niente male, se non fosse che il tutto viene raccontato in maniera soporifera, per di più con una chiave di lettura orientata verso il melodramma familiare.

Il barone Victor Frankenstein (Oscar Isaac), infatti, si invaghisce di Elizabeth (Mia Goth), la promessa sposa di suo fratello. E lei ricambia, provando successivamente un indubbio interesse per la creatura (Jacob Elordi), con ambigui ammiccamenti e improbabili scene mielose negli squallidi sotterranei dei laboratori del geniale scienziato.
Una iniezione di improbabili corteggiamenti che aggiunge al succo del racconto una buona mezz'ora di scene melense che diluiscono una storia già priva di mordente, in quanto arcinota e quindi scontata e prevedibile, anche perché Guillermo non ha fatto nessuno sforzo per renderla in qualche modo intrigante.

Frankenstein: un film tecnicamente impeccabile ma altamente soporifero, in salsa melodramma familiare
Sia chiaro, il film è tecnicamente impeccabile (e ci mancherebbe altro). A cominciare dalla splendida ambientazione gotica, arricchita dai consueti macchinari steampunk che impreziosiscono i laboratori di Victor.
La fotografia è ottima, i movimenti di macchina perfetti, le inquadrature curate nei minimi dettagli, i costumi meravigliosi. Il problema è che a questa pellicola manca un'anima. Non ci sono guizzi creativi.
Guillermo ha realizzato il suo bel compitino, confezionando un racconto che però si srotola lentamente, troppo lentamente, in modo del tutto prevedibile e stereotipato, a tratti didascalico, con diversi inceppamenti nel racconto e tempi morti nei quali di fatto accade poco o niente.
Alcuni passaggi sono poi inverosimili, e si fa veramente fatica a mantenere la sospensione dell'incredulità, nonostante la bellezza formale di quanto mostrato sul grande schermo.
Tutti i personaggi sono stereotipati e prevedibili, a cominciare dal barone Victor Frankenstein, a tratti quasi una macchietta, schiacciato nel suo ruolo di figlio negletto bisognoso di rivalsa nei confronti del padre padrone, divorato prima da ambizioni folli e poi da sensi di colpa da manuale di catechismo.

Per non parlare della creatura, peraltro visivamente ispirata agli antropomorfi di Prometheus, film del 2012 di Ridley Scott, costretta ad annoiare lo spettatore con una sequela di frasi fatte da opera filosofica alla Bignami, dopo essere rimasta a lungo quasi muta e pensosa nella prima metà del secondo tempo.
Difficile in questo contesto valutare la recitazione degli attori, visto che le parti assegnate sono a dir poco disarmanti, monodimensionali e prive di originalità.
Il risultato è una mediocre operazione commerciale, che se fosse durata la canonica ora e mezza, magari risparmiando allo spettatore la visione di certe scene melense e didascaliche, sarebbe stata anche guardabile. Ma 149 minuti no. A tutto c'è un limite.
Raccomandato a chi ha problemi ad addormentarsi.
Frankenstein - trailer ufficiale ITA