Il lettore troverà la speranza, mai imposta, sempre suggerita, che l’amore — quello vero, quello che sopravvive ai corpi e ai confini — abbia la forza di ricongiungere ciò che la morte ha separato. Che da qualche parte, oltre il tempo e le lacrime, ci sia ancora un luogo dove riconoscersi, ritrovarsi, rinascere insieme.
Ho conosciuto l’autore quando ero ragazzo. Ricordo bene un pomeriggio, a casa sua, accanto a mio padre. In quell’incontro, nel calore semplice di una conversazione, ho percepito la profondità di uno spirito gentile, animato da un’intelligenza umanistica e da un senso autentico della solidarietà. Un uomo che sa ascoltare, comprendere e condividere. Questa raccolta ne è il riflesso più vero. Un’antica amicizia che dura dai tempi del volume Il deserto e il cactus, la prima opera di Pietro Nigro pubblicata da questa Casa editrice nel 1982; era il tempo in cui mio padre Guido, già allora riconosceva l’ispirazione poetica di un uomo profondamente coerente: la solitudine come luogo di verità, l’amore come forza salvifica, e la tenacia dello spirito umano di fronte al dolore.
La presente raccolta è anche un tributo ad un’amicizia che dura nel tempo, un filo sottile che lega le generazioni. Un’amicizia nata nei libri, grazie a una robusta cultura classica, nutrita da ideali comuni, e oggi più che mai testimone della forza della scrittura come forma di cura e consapevolezza. Il dialogo tra mio padre e l’autore continua in queste pagine, e io, oggi, ho l’onore di raccoglierne l’eco e in qualche modo esserne l’artefice di questo rinnovato sodalizio umano ancor prima che culturale.
A chi legge auguro di lasciarsi attraversare da questi versi. Di trovare in essi non solo il dolore, ma anche la bellezza di un amore fedele. E la speranza — fragile e ostinata — che, oltre la separazione fisica, vi sia ancora un luogo dove incontrarsi… Verso un nuovo mondo.
E di questo, dobbiamo essere grati a Pietro Nigro.
Recensione Michele Miano