Non è facile affrontare il discorso poetico e umano di Sergio Camellini, autore prolifico e che ha scoperto la vocazione letteraria in età matura. La sua ricerca poetica originale e personalissima si radica in un fondamento antico ma sempre nuovo: il rapporto profondo che lega il proprio io nella più intima coscienza percettiva individuale alla coscienza di un universo tutto inteso come il topos assoluto e naturale della poesia.
Il suo percorso letterario e umano è una sorta di un lungo “viaggio tra gli uomini”, e così può essere parafrasato il messaggio di Sergio Camellini, che con Opera Omnia in seconda edizione ampliata nella collana il Pendolo d’Oro intende suggellare un florilegio della sua migliore produzione letteraria e affidare a futura memoria le pagine più significative del suo messaggio. La sua poesia porta in sé il raro dono dell’immediatezza, che si spinge oltre il dato reale e oltre l’attitudine figurativa, per farsi voce delle cose più semplici. Sergio Camellini vive la sua odissea, scruta la caducità dell’uomo contemporaneo spesso condizionato dai falsi miti della civiltà tecnologica, alla quale il poeta antepone le cose più semplici e genuine della vita. Lo fa con passo certo e convinto di uomo che umilmente sa indagare in profondità negli abissi della coscienza, nei suoi misteri e contraddizioni.
Il suo universo poetico si affaccia su realtà minori, narrato con voci e colori quasi fanciulleschi, fondendo nei versi uno stupore e un’atavica saggezza in un’atmosfera che sa di perduto e rarefatto. Ma fare poesia per Sergio Camellini non consiste solo in questo. Il messaggio deve contenere i valori più intimi della vita e dell’esperienza umana con tutte le sue contraddizioni. Nella meditazione, nella densità dei concetti egli vive la propria odissea di uomo, di sensibile cronista della propria storia. La poesia di Sergio Camellini rivela anche la preoccupazione per quanto dell’uomo rimane, di ciò che egli ha vissuto e sofferto nell’iter terreno e comprende che solo l’opera letteraria in chiave di creazione spirituale può continuare a vivere dopo l’annientamento fisico. Una poesia intesa come meta-realtà che trascende il dato reale per approdare a una visione più ampia. La realtà di una civiltà agreste, contadina, calata in una dimensione a sé, che resiste in un tempo circolare in cui c’è ancora spazio per un “altro vivere”, in simbiosi con la natura, con la logica del cuore e della famiglia. Un mondo dimesso e dipinto quasi con tocchi naïf, popolato da figure come sospese, prende forma nella semplicità del tessuto compositivo: versi brevi, ritmati, con una sintassi piana, rinvigorita dall’immediatezza del lessico e degli aggettivi, resa scattante dal rapido susseguirsi dei verbi che offrono consistenza visiva alla narrazione. Il mondo contadino, degli antichi mestieri, con le sue dure leggi, l’innocenza e la memoria del tempo perduto, il mito del falso progresso, la disumanizzazione e l’alienazione della società ipertecnologica diventano alcuni delle coordinate letterarie più significative della sua ispirazione.
Tale poesia trova la migliore espressione nella ricchezza e varietà dei temi che la ispirano: il sentimento della natura, l’umana solidarietà, il tempo che fugge, la condizione umana, la memoria, l’amore, gli affetti familiari, il significato stesso della vita. Ma il mondo tanto cantato da Camellini non è chiuso in un orizzonte di melanconia, né rifiuta il tempo della storia e del presente: anzi li lascia penetrare con dolcezza, temperandone certi aspetti con filtri quasi da fiaba e con immagini tratte dall’ambito familiare o naturale, che decodificano la storia in un linguaggio quotidiano, capace di aderire al vissuto di questo mondo. Come dire, reinterpreta con la sua sensibilità gli eventi e i fatti del vissuto quotidiano. Così gli interrogativi sul mistero e sul senso della vita s’incarnano nella lirica Uomo, dove sei? (da Nel corpo, un soffio dell’anima, 2013): «Eri presente: / abitudini e gusti, / costumi e strutture, / cultura, / idee creative, / modi di essere / di pensare / di amare, / conoscenze e sentimenti. // Ora latiti: / ove il gravoso / retaggio infruttifero / del passato, / divenuto / bagaglio archeologico, / t’adombra. // Uomo, / dove sei?» o nella figura angelicata della donna, spesso dimenticata dalla letteratura contemporanea per cui: «…La sola ricompensa / diretta / che tu possa ricevere / è l’emozione / d’essere mamma, / è l’amore per i figli / è la gioia di donare» (L’essenza di quel sentimento, da Il pianeta delle nuvole rosa, 2014).
La famiglia e la natura, dunque come estremo raccordo fra una realtà sempre più sfuocata, che continua ad essere proposta nel suo incanto, e la nuova realtà della cronaca con i suoi tempi accelerati fino alla disgregazione totale. Sergio Camellini rimane sempre fedele a se stesso, fin dai suoi primi volumi. E lo fa con passo umile, schietto, senza particolari pretese, psicologo clinico di professione che ha affrontato per decenni il dolore e le vicissitudini dei propri pazienti, approdato alla poesia in età matura e non casualmente, portavoce di un mondo e di valori in cui tutti ci specchiamo: una poesia della coscienza per la quale l’uomo acquisisce una rigenerazione interiore di ciò che siamo stati, da salvaguardare per non sprofondare nell’oblio di una civiltà consumistica e superficiale. Il punto di forza della scrittura di Camellini è nella purezza della sua ispirazione artistica che la rende sempre attuale e sincera.
Molte sono le liriche dedicate a madre natura; impossibile elencarle tutte; a titolo esemplificativo: «Che bella la natura / con canti e linguaggi, / nel pentagramma musicale / degli uccelli…» (I cantori dell’universo, da Lasciami di te un’emozione, 2021). Significativa una poesia dedicata alla luna: «… Dipingi l’aria / di soavi colori / e trasformi / in un battito d’ali / il broncio del dì…» (Il mio canto alla luna, da I colori della fantasia, 2021). «Ecco la primavera / dei sentimenti, / tempo di mistero / di rinascita e splendore; / il sogno che / riconquista i suoi colori, / i suoi profumi, i suoi sapori, / la sua energia vitale…» (Ecco la primavera, da Ascolto i silenzi, 2021).
Ancora da La valle, estate e autunno: «La valle, / dai campi / fertili e fioriti / ove le farfalle / danzano col vento, / si fa ubertosa / di messi dorate / trapunte / dallo scarlatto / dei papaveri…» (lirica edita in Madre natura è vita, 2019). Una natura viva e palpitante, in perenne bilico tra uomo e natura e in questo felice compenetrarsi si rivela il senso ma anche il mistero delle cose. Poesia intimista animata da istanze memoriali e affetti, pregna di emotività, carica di colori e sentimenti.
Camellini canta la pagina della vita di noi tutti: una cronistoria di eventi in un turbinio di pagine da cui trarre il vero significato e il modus vivendi. Si legga la lirica Il tema della vita (da Ponte dei sogni, 2017): «Anche il meno dotto / insegna, / anche il più umile / compone il tema / della vita. // Non esistono lavori / nobili o ignobili, / esisti tu / con le ricchezze / che ti porti dentro…». Il dono dell’umiltà, un valore sempre più raro in una realtà sempre più costellata da egocentrismi. Il lavoro come strumento di emancipazione dell’uomo, ma in una prospettiva di benessere sociale per la collettività e non di affermazioni egocentriche che schiacciano e umiliano i più deboli. Il lavoro che offre una dignità per tutti. E dalla raccolta Bagliori (2015) si legga la poesia È vivere, sei tu: «La felicità / cercala in un sorriso, / nel prolungamento / dell’ombra / d’un fiore, // nella semplicità / della natura, / nella mancanza / di dolore, // è solo quella / che sei in grado / di comprendere…»Ecco l’amore e la passione di Camellini per gli antichi mestieri: per quei mestieri difficili, logoranti, in via di estinzione ma ricchi di umanità perché espressione di un mondo contadino. Da bambino si soffermava a osservare i lavoratori dei campi e delle botteghe, calzolai, fabbri, ceramisti, fornai, dimostrando anche una sensibilità di uomo e poeta, esplorando le vicende umane.
Il poeta non disdegna le accuse sulle lacerazioni sociali che affliggono il nostro mondo: l’egoismo, l’egocentrismo, l’arrivismo, l’indifferenza ai problemi altrui. Si legga a titolo esemplificato la lirica Quel puntino dell’uomo: «Quel puntino dell’uomo / scritto a matita / che vive / nell’immenso, / dalla cruda realtà / dei diseredati / all’ostentata opulenza / degli abbienti, / due mondi a confronto / mentre le tragedie / s’incrociano, / l’odio che scalfisce / l’animo / dia strada / all’oblio, / non si cancelli / quel puntino / fu vergato solo / per amore» (da Tra le righe del pensiero, 2018).
Un uomo come Sergio Camellini non può rimanere insensibile e turbato dai soprusi, dalle guerre, dalle violenze e dagli accadimenti tragici dell’ultimo periodo storico, e la sua voce si innalza dal magma vulcanico dei crudi interessi umani, una voce che trova nel verso il proprio testamento spirituale ma anche un messaggio di speranza per le nuove generazioni.
Con la raccolta Il pianeta delle nuvole rosa (2014) l’autore pone l’accento sulla condizione del presente e del passato della donna. L’opera infatti si apre con un testo estratto dalla lettera di papa Giovanni Paolo II alle donne: nessuno infatti più di lui ha compreso l’importanza dell’universo femminile che si incarna in madre, moglie, sorella, nonna. La donna focolare della famiglia, il centro dell’amore che genera il mondo. Camellini è consapevole di trovarsi davanti alla angelicata creatura e ne esalta le virtù. Si legga la significativa La melodia della donna: «La raffinata melodia / della donna / non conosce / intemperanze, / né toni sbracati, / ma la grazia / dei sentimenti / e il fare gentile, / che caratterizzano / la femminilità, / non per soggiacere, / ma per mostrare / l’orgoglio d’essere / donna». Un percorso difficile, una dignità conquistata a fatica nei millenni e ancora in equilibrio precario e vacillante. In questa fase l’autore avverte un certo disagio esistenziale, una protesta e rabbia non sempre decifrabili per l’ineluttabilità del dolore delle vicende umane.
Ma è l’accorato grido di speranza che fa di Camellini il “poeta della fiducia nel prossimo”, come sottolinea nella lirica Abbiamo bisogno di voi, bimbi (del nostro domani) nella raccolta Ponte dei sogni (2017): «In questo mondo / intriso / di tristezza, / abbiamo bisogno / di voi, / della vostra allegrezza. / È carezza. / In questo mondo / permeato di dolore, / abbiamo bisogno / di voi, / del vostro calore. / È amore…». Ed è cosa rara nel panorama di sfiducia e pessimismo che spesso attanaglia la nostra vita, trovare una voce così fiduciosa, proiettata verso gli ideali del bello e della positività.
Suggestiva la lirica I colori della fantasia tratta dall’omonimo volume 2021: «I colori danzano / tra sfumature / cromatiche d’un sogno / inni alla beltà, / sono spettacolari / catalizzatori / della fantasia / per l’umanità, / la loro percezione / tattile / si sente, si vede, si vive... / A qualsivoglia età».
Camellini ama la vita, soprattutto il suo significato profondo. La poesia diventa amore: «… respirare insieme / il profumo del sentimento / in un abbraccio / e i battiti del cuore, / è il magnetismo / degli esseri / quando la poesia / diviene amore» (Quando l’amore, da Lasciami di te un’emozione, 2021).
Al sentimento dell’amore il poeta ha dedicato il volume Tenero è l’amore (2017), un breve florilegio di poesie, edito da questa Casa Editrice. E per dirla come S. Agostino «l’amore è tutto», quel mistero meraviglioso per cui «…Sia sempre in voi la radice dell’amore, / perché solo da questa radice può scaturire l’amore» (S. Agostino). Il messaggio letterario di Sergio Camellini assume così un valore di amore universale, nella serena convinzione che siamo di passaggio in questo mondo perché «Non esiste povertà peggiore che non avere amore da dare» (Madre Teresa di Calcutta).
Prefazione Michele Miano