L’opera di Raffaele Piazza, Del Sognato, divisa in due parti, “Mediterranea” e “Del Sognato”, ci catapulta immediatamente, sin dai primi versi, in una poetica originale, dai tratti a volte ermetici, ricca di simboli non sempre codificabili, che presentano scene di vita quotidiana, oggetti comuni o elementi della comunicazione mediale (mail, internet, archivio, ecc.) che, se considerati a se stanti e fuori dal contesto, poco hanno di poetico in senso stretto, ma grazie alla connotazione semantica e alla versificazione dell’autore sono in grado di evocare ricordi, nostalgie, situazioni importanti per l’autore e suscitare emozioni profonde nel lettore, pronto a immedesimarsi nel sentire del poeta.
La prima parte della silloge, “Mediterranea”, ha il mare e la metafora marina – che richiama il movimento – come sottofondo, la sua immensità, i suoi meravigliosi paesaggi, che l’autore osserva e ovunque posa lo sguardo coglie profonde e intime sensazioni, emozioni, rivelazioni e connessioni con il suo essere umano: «Le ore passate a guardare / la perfezione dell’acqua del mare, / si scivola lungo l’infinità del sentiero / dei sogni e della veglia / per giungere all’azzurro degli scogli / leggeri a corrodersi al vento animato dalla salsedine…» (Il mare che continua).
Tutta la silloge è pervasa da una forte sensualità, da desiderio profondo e intenso, da forte attrazione fisica; la donna che traspare dai versi sembra quasi essere un tutt’uno – per i suoi tratti belli e armoniosi – con l’ambiente circostante, un paesaggio caldo, ricco di sfumature, di luci, di ombre, di colori mediterranei, di mare e di sole. Nella prima poesia la donna è in grado di toccare la solitudine del poeta e di redimerlo: «…Tu tocchi la mia solitudine e dalla ferita / viene fuori una combinazione di noi, / piante adesso sempreverdi nelle rigenerazioni / tra i negozi del nutrimento per carpirne / pane e dischetti da ascoltare e visualizzare. / Poi il pacco-regalo della sera a sorpresa / per unire i corpi e goderne i pollini, / vaga nel chiaroscuro prealbare / della persiana, nella camera un piacere / di redenzione» (Piacere).
Altrove il poeta è salvo grazie alla presenza, alla dolcezza e alla consolazione della donna: «E poi ti accorgi tra sentieri / di quando la tua barca vince il mare / foglio di carta velina verde / resistentissimo / dove mai affondare nelle maree dell’anima. / Vedo te che entri nella stanza di materia / e ti porti il tuo mare di parole senza male, / non ci sono più naufragi (neanche buoni) / in questa estate di sogno / velocissimo e presente tra comete afferrabili / con la dolcezza delle mani…» (La rotta del mare domestico).
L’accostamento di parole e aggettivi, i giochi e gli intrecci abilmente dosati, la creazione di nuovi termini, la ricercatezza di immagini che, a volte, confondono e sorprendono il lettore, ci pongono davanti a una poesia metafisica e a uno stile personale dell’autore, che cerca nella scrittura una sorta di salvezza, uno slancio vitale, una propria strada verso la creazione di qualcosa di bello e duraturo. L’autore utilizza il verso libero, che gli consente di esprimere al meglio tutto se stesso e la propria creatività, sospinto da una sorta di élan vital di bergsoniana memoria, una forza spirituale che entra nella materia per dominarla e superarla, che è presente in ogni essere umano e dà la consapevolezza di essere vivi. Il poeta supera i limiti della corporeità, della caducità della natura umana, della solitudine, dello scorrere veloce del tempo e senza traccia di scoramento ci consegna momenti di amore e di vita dai contorni di un sogno: «Il tempo è armeggiare con gli umani strumenti, / le mani per recuperare un fiore / di conchiglia, una stella marina, / un ippocampo. // Il panno del mare è il deserto più disabitato, / sulla riva si gioca a nascondersi / con le lame delle onde d’avorio. / È facile accorgersi di essere vivi / raccogliendo una messe d’acque nel secchiello / del bambino» (La messe nel deserto).
Raffaele Piazza utilizza un linguaggio che si appella fortemente ai sensi, alla vista in particolare, esalta colori e luci presenti in natura. Il verde è il colore predominante, un colore che appare in molte liriche e con espressioni diverse: Aprile in verde, il gemmante verde, incidi in verde le iniziali, carta velina verde, il verde del filodendro, il verde delle erbe, quel verde illuminato d’edere, quanti sempreverdi, il verde prato, primavere verdi, solo per citarne alcune. Quando non direttamente menzionato, il colore verde è evocato da foglie, prati, alberi, frutti, campi, assumendo una forte connotazione positiva, in contrasto, a volte, con il tono triste di alcune liriche e diventa simbolo di speranza, giovinezza, desiderio, energia e voglia di vivere intensamente ogni istante per assaporare piaceri e avidamente consumare esperienze di vita. Altri colori sono particolarmente presenti nell’opera, come il rosa e l’azzurro, e nell’insieme formano una sinfonia policroma, che ben si coniuga con l’armonia dei versi. L’utilizzo di rime inattese, enjambement, suoni talvolta aspri e duri, creano una piacevole musicalità del verso.
Nella seconda parte, Del sognato, l’autore ripercorre, attraverso il ricordo, momenti giovanili di grande intimità e intensità emotiva, di attrazione fisica per una donna di nome Alessia – musa ispiratrice del poeta, connotata da un grande valore simbolico come mondo possibile –,un amore di gioventù fatto di desiderio, d’incontri, di attesa, di teneri sguardi, di fughe in hotel o sulla spiaggia.
Coi bellissimi, delicati e appassionati versi di Adolescenza di fragola siamo difronte al teneroricordo di un amore adolescenziale, fatto di aspettative, scoperta e sogno: «…sulla mensola che adesso dà parole / se non rifugio, casa del sogno a sfibrarlo / a raccoglierlo, archiviarlo ancora nell’albero / della notte, con occhi, / non importa: // tu sei Alessia, sei nel tempo / al sapore della fragola: / ti porto sul mare che risponderà…».
Tutti i componimenti sono pervasi da un’atmosfera da sogno, di un tempo sospeso – da qui forse il titolo Del sognato, con il quale è titolata la seconda parte, ma che, non a caso, dà il nome a tutta la silloge –, in cui tutto quello che è accaduto o forse immaginato, ritorna come visioni oniriche, dai contorni sfumati, che creano una profonda frattura tra quanto vissuto e quanto desiderato, tra il reale ed il sognato: «Vedi i mattini tra le pareti di sogno / entrare di tinte verso il velo a trascriverne / l’apertura delle ante del giorno; / vita a coglierne il senso recuperato / un fiore d’erba tra copertine mai aperte e // invece oggi nell’agenda che è già / camera inauguri la radura che stava da anni: / le foglie per riandare nelle stanze / segrete come // poi serve ed è felice una casa per amarci / o mangiare, non solo: / scrivere di nuovo e poi chiamarlo / amore quel vagare di lettere in movimento…» (Le stanze - prologo). Tutto ciò, ed il titolo stesso, ci fa pensare a un’idea di poesia intesa come sogno, quale via per un mondo possibile e diverso dal reale.
Nel poeta Piazza la donna è sempre luce, anche quando ritorna in ricordi dolorosi: «Se il sentiero tra vegetazione e desideri ti porta / dove non sai, nominare / non riesci la pianta della luce di lei // o se il filo dall’abito da sposa / rinvieni sul lago del sagrato per caso o meraviglia / senza biancore di freddo / (piove lo stesso neve nell’anima)…» (Filo dell’abito da sposa).
Piazza, pur riecheggiando la poesia del Novecento per le tematiche presenti – la solitudine, la difficoltà del vivere, la mancanza di senso ai tanti inutili gesti della vita –, sa superare i momenti di angoscia esistenziale e sublimarli grazie alla presenza della donna, alla sua vitalità, alla sua sensualità. Nella visione e nella rappresentazione poetica del nostro autore, la donna è depositaria di un ruolo salvifico, diviene un’ancora di salvezza, un elemento importante per attenuare il male del vivere. In tutto questo l’autore ci ricorda Montale e il rapporto di quest’ultimo con le donne; come Montale, inoltre, egli è consapevole che il poeta è colui il quale è in grado di capire cosa si cela dietro la realtà delle cose, grazie a momenti epifanici di improvvisa consapevolezza, che fanno vedere oltre il “varco” e consentono il superamento improvviso di un limite.
Del sognato, di Raffaele Piazza, dunque, è un libro che merita sicuramente di essere letto, attentamente e lentamente; un libro che va meditato e sul quale val la pena riflettere, perché un’attenta riflessione è quello che ne fa apprezzare ancor di più le tante e diverse implicazioni emotive che esso contiene e che suggerisce, con delicata efficacia, ai lettori.