Questo film porta avanti la storia lasciata in sospeso nel precedente capitolo. Ritroviamo Paul Atreides (Timothée Chalamet), ormai accettato dai Fremen, comandati da Stilgar (Javier Bardem), che vede in lui il messia promesso dalle tradizioni del suo popolo.
Paul è diviso tra la chiamata al suo destino e la relazione sentimentale con Chani (Zendaya), una giovane Fremen alquanto scettica nei confronti della religione dei suoi compatrioti.
Ma ormai il dado è tratto, e il protagonista è lanciato nel suo bel viaggio dell’eroe, diventando prima capo politico e poi religioso degli abitanti del pianeta Arrakis, aiutato in questo da sua madre Jessica (Rebecca Ferguson), che gli fa capire che è destinato a una missione ben più alta di essere il capo della resistenza locale contro i perfidi Harkonnen.
E in questo suo percorso dovrà vedersela non solo con questa casata, ma anche con l’imperatore Shaddam IV (Christopher Walken) e le infinite trame della sorellanza Bene Gesserit, che da dietro le quinta tira i fili che comandano le varie famiglie nobiliari e le loro vicende.
Ma Paul è ormai diventato una figura messianica poco disposta a farsi mettere i piedi in testa da chiunque…
Dune – Parte Due: un film complesso, visivamente magnifico
Denis Villeneuve sta portando avanti l’improbo compito di tradurre nel linguaggio cinematografico la complessa opera letteraria di Frank Erbert, che sessant’anni fa ha immaginato un universo molto articolato, nel quale si muovono infiniti personaggi, animando un racconto lungo e intricato.
Il secondo capitolo di questa saga è in piena linea di continuità con il primo, un film corale nel quale un cast stellare dà vita a personaggi che ruotano attorno all’indiscusso protagonista, Paul Atreides, figura messianica molto complessa, che da un lato accetta di andare incontro al proprio destino, ma dall’altro sa che il suo cammino, apparentemente diretto verso un futuro radioso, è in realtà carico di rinunce personali pesantissime.
Il film stesso, lungi dall’essere la solita storiella inconsistente messa insieme stentatamente come mera opportunità per mostrare effetti speciali mirabolanti, si presta a diversi livelli di lettura. Come l’opera di Frank Erbert, del resto.
La pellicola può essere anche vista come una riflessione sulle relazioni tra religioni e politica, sul destino e sul libero arbitrio, sulla natura del potere e delle strutture sociali.
Paul Atreides può essere visto come una figura cristologica, anche se guardando le masse popolari che lo seguono su Arrakis risulta difficile non pensare ai fondamentalisti islamici.
Anche il rapporto tra uomini e donne è molto ambiguo. Da un lato apparentemente dominata da casate nobiliari profondamente patriarcali, in realtà i veri giochi di potere sembrano essere decisi nell’ambiente matriarcale delle Bene Gesserit, mentre la società dei Fremen pare essere caratterizzata da rapporti molto più equilibrati e aperti tra i due sessi.
Anche la divisione apparentemente manichea tra i buoni e cattivi si perde per strada a mano che ci si immerge nel racconto, trasudante un’atmosfera intrigante ma difficilmente definibile, galleggiante in un’area indefinita tra il misticismo di sapore medievale, una sorta di ecologismo ancestrale e un messianismo strisciante, contrastato dal razionalismo di alcuni personaggi e dalla presenza di tecnologie avanzatissime, che tuttavia rimangono sempre sullo sfondo.
E forse la scelta vincente di Villeneuve è stata quella di non fare una scelta precisa, ma di lasciare i suoi personaggi sospesi nella complessità del racconto, che può essere letto a diversi livelli e sotto molteplici punti di vista.
Il prezzo da pagare è però una narrazione lunghissima (quasi tre ore) e senza grosse accelerazioni, che mette a dura prova lo spettatore che si aspetta vicende mozzafiato e film che sono più affini al mondo dei videogiochi che a quello della settima arte, che però scorrono senza lasciare molto.
Nel film non mancano certo scene di massa ed effetti speciali coinvolgenti, ma non sono centrali nel racconto, che ruota intorno a Paul Atreides e i suoi tormenti interiori, prendendosi tutto il tempo per mostrare l’immaginifico mondo creato dalla fertile mente di Frank Erbert.
Molto apprezzabili anche la fotografia e le scelte cromatiche fatte per caratterizzare i vari ambienti, e la colonna sonora di Hans Zimmer.
Un film che sicuramente vale la pena di godersi al cinema, specie per gli amanti della saga creata da Frank Erbert.