Diabolik – Ginko all’Attacco! - la recensione del film dei Manetti Bros

Un Diabolik visivamente impeccabile, ma la storia è prevedibile e i dialoghi sono troppo didascalici, privando di spessore i personaggi.

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Diabolik – Ginko all’Attacco! - la recensione del film dei Manetti Bros

Dopo l’ennesimo colpo andato a segno, il super-criminale Diabolik (Giacomo Giannotti) raggiunge Eva Kant (Miriam Leone) nel suo rifugio segreto. L’ispettore Ginko (Valerio Mastandrea) è sulle loro tracce, e per un soffio non riesce a catturare l’imprendibile coppia.

Diabolik sembra essere alle corde: i suoi nascondigli vengono sistematicamente scoperti e presidiati dalle forze dell’ordine, e la stessa Eva Kant sembra avergli voltato le spalle.

Ma – ovviamente – le cose non sempre sono come sembrano essere…

Diabolik - Ginko all'Attacco! - Trailer originale in italiano

Diabolik – Ginko all’Attacco! - il secondo film della serie amplifica pregi e difetti del primo

Questa pellicola è il secondo capitolo di una trilogia che i Manetti Bros hanno dedicato all’omonimo fumetto creato dalle sorelle Giussani. La storia è liberamente tratta dal sedicesimo albo della serie.

Che dire. Senz’altro degno di lode è il tentativo di trasporre un fumetto nel mezzo cinematografico, cercando di rimanere il più possibile fedeli all’originale. Il problema è che i due media sono molto diversi, è ciò che funziona in uno può lasciare perplessi nell’altro.

Analogamente a quanto fatto con il primo Diabolik, non si può non apprezzare la ricerca di una perfetta riproduzione di quanto visibile negli albi delle sorelle Giussani, con una cura quasi maniacale per i dettagli vintage e le scenografie. Anche le inquadrature, con ampio uso di zoom e split screen, sono disegnate con in testa le tavole del fumetto originale,  e la fotografia è ottima.

Tuttavia la sceneggiatura zoppica e la storia è di una prevedibilità disarmante. Ma sono  probabilmente i dialoghi il vero punto debole del film. Troppo didascalici e scontati, magari validi in un fumetto, rendono piatti e deboli i personaggi cinematografici.

In questo secondo capitolo della trilogia, Diabolik è interpretato da Giacomo Giannotti, che rispetto a Luca Marinelli (protagonista del primo film) ha una fisionomia molto più coerente con quello del fumetto, ma fallisce nel conferire al suo personaggio le inquietudini interiori che il suo predecessore lasciava trasparire.

Il risultato è un Diabolik monodimensionale, quasi privo di personalità. Chi è? Cosa pensa? Cosa lo muove? Quali emozioni prova? Perché? Non si sa. Sempre a causa dei dialoghi ridicoli, anche il suo rapporto con Eva Kant è ridotto a semplici immagini da fotoromanzo patinato, ma il personaggio femminile può contare sulla splendida presenza fisica e l’ottima prestazione attoriale di Miriam Leone, che riesce comunque a renderlo credibile.

Circa Monica Bellucci, che interpreta una nobildonna che ha del tenero per l’ispettore Ginko, è sempre la stessa storia: grande presenza scenica, ma la magia finisce quando comincia  a parlare. Ma perché non viene doppiata? Trattasi di un mistero insondabile del cinema contemporaneo.

Il discorso cambia per il commissario Ginko, alla fin fine il vero protagonista del film, a cui Valerio Mastandrea conferisce una aria triste e pensosa capace di rendere quasi credibili le cose scontate che dice dimessamente. Nel piattume generale di chi si muove sulla scena, assieme a Eva Kant brilla come una stella polare. Sull’efficacia di alcuni personaggi secondari è poi meglio stendere un velo pietoso.

In questo secondo capitolo si è cercato di aumentare il ritmo dell’azione, tuttavia anche in questo caso la costante ricerca della perfezione formale delle immagini è andata a scapito della credibilità di quanto mostrato. Per esempio, nella scena all’inizio del film in cui i due arci-criminali scappano correndo su un dirupo con Ginko e il suo vice alle loro calcagna armi in pugno, i quattro sembrano essere impegnati in una bucolica corsa campestre tra scapoli e ammogliati, piuttosto che in una sfida mortale.

Molto apprezzabile invece la colonna sonora, curata da Pivio a Aldo De Scalzi, che dà il meglio di sé nei curatissimi titoli di testa, probabilmente la parte migliore della pellicola, con evidenti riferimenti all'immaginario dei film di James Bond, una piccola perla che però ha il difetto di creare aspettative smisurate nello spettatore. Che vengono rapidamente deluse nel prosieguo.

Insomma questo secondo capitolo lascia molto spazio a un Ginko molto più credibile di Diabolik, e verso il quale lo spettatore probabilmente prova una certa simpatia e immedesimazione, tradendo paradossalmente in tal modo lo spirito originale del fumetto.

Diabolik – Ginko all’Attacco! è comunque un film che, assieme al recentissimo Dampyr, dimostra una certa vitalità del cinema italiano, che sta cercando una sua strada originale per contrapporsi allo strapotere mediatico dei cinecomics della Marvel e della DC.

Speriamo bene.