La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia.
Scrive con acutezza il prefatore che a proposito della poetica, del poiein dell’autrice forse si potrebbe anche parlare d’una sorta di lirica apologetica della soggettività delle emozioni personali, ma, beninteso, non sotto forma di vittimismo – come nel tardo romanticismo – bensì di limpido calore umano, accorata partecipazione, tenerezza e delicatezza espressive.
Da notare che la Campana è anche pittrice e che nel volume sono inserite le riproduzioni di suoi oli su tela, opere figurative di tutto rilievo che aumento il piacere della lettura dell’opera in toto.
Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale.
Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici.
La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza,assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso.
Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche.
La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita.
Del resto scrivere è catartico come testimoniano anche nei nostri giorni uomini e donne scampati ai lager nazisti, ora viventi e molto anziani che hanno dichiarato che nei campi di sterminio si misero a scrivere.
La vita resta un dono e nei versi è nominato anche Dio come conforto nel dolore Dio su cui gettare ogni ansia per le tribolazioni dell’anima.
La raccolta non è scandita ed è compatta e unitaria e potrebbe anche per questo essere considerata come un poemetto ben risolto quando l’anima dell’io-poetante si placa anche se è solo una pausa tra i dolori.
La farfalla (dedicata al padre) «Giovane bruco, divori la casa/ che ospitò il tuo corpo per saziarti:/ quante scelte strane impone la vita, / e con lo sguardo leggero la tua seta// cominci a tessere di gioia invasa…».
Così il suddetto bruco diviene simbolo, metafora correlativo oggettivo di una gioia possibile e se il bruco tesse la gioia non dimentichiamo che testo deriva da tessuto etimologicamente.
Raffaele Piazza