L’esposizione
In occasione della Venice Glass Week 2024 le Gallerie dell’Accademia hanno proposto una rilettura in vetro del celebre Convito in casa Levi lì esposto. L’idea è nata dal direttore del museo Giulio Manieri Elia, ed è stata realizzata in collaborazione con Pentagram Stiftung e curata da Sung Moon Cho. Davanti all’opera è stata posizionata un'installazione site-specific: un tavolo, coperto da una tovaglia bianca, offre allo spettatore la visione dell’evoluzione dell’arte del vetro dagli anni Venti del Novecento fino ai tempi attuali con oltre duecento manufatti.
Un percorso di oltre un secolo, dunque, viene raggruppato in un unico luogo, con un’attenta sensibilità cromatica nei confronti dell’opera retrostante: le variazioni di colore degli oggetti seguono quelle nate dalle pennellate del maestro.
Questo accostamento non è chiaramente casuale. Ciò che si vuole sottolineare, attraverso il progetto, è come l’arte del vetro abbia ricevuto una spinta di rinnovamento estetico all’inizio del Novecento proprio grazie ai vetri dipinti nei quadri rinascimentali. Ma non solo. Gli oggetti esposti, che provengono dal lavoro di ventisette artisti italiani e stranieri e che sono prodotti in vetro di Murano, esprimono anche l’infinita varietà che possono assumere i servizi da tavola. Insieme agli elementi principali di un servizio da tavola, infatti, vengono offerti allo spettatore servizi da liquori, bottiglie, vasi, ciotole, candelieri, saliere e un’alzata per dolci.
Un posto di rilievo è dato nel progetto alla famiglia Venini, che incontriamo nelle prime sezioni del percorso indicato allo spettatore. Negli anni tra il 1921 e il 1925 Vittorio Zecchin lanciò una linea di produzione ispirata ai vetri di murano del Cinquecento da forme e colori raffinati e delicati. Al centro della tavola troviamo le creazioni più rappresentative di quegli anni ed emblematiche per questo progetto in particolare, come i Vasi Veronese in quattro colori ispirati a quello raffigurato nell’Annunciazione, esposta a sinistra del Convito stesso.
Dagli anni Trenta il vetro leggero e trasparente fu gradualmente abbandonato in nome di un nuovo linguaggio promosso da Carlo Scarpa e Napoleone Martinuzzi, che incoraggiarono tessiture più espressive, strati sovrapposti soffiati in linee geometriche e sintetiche. La pasta vitrea, adatta a queste esigenze, divenne una moda, e fu adottata soprattutto dalla Cristalleria Nason & Moretti.
Ciò che propone questo progetto è dunque un secondo Convito, che ha al tempo stesso funzione di dividere e unire. Dividere perché dimostra infinite possibilità di lavorazione del vetro e molteplici possibilità di rileggere e reinventare oggetti da tavola; unire poiché attraverso un unico materiale, il vetro di Murano, riproduce un’opera monumentale di Veronese, annullando le differenze temporali e fungendo da prolungamento dell’opera stessa. Lo spettatore è invitato a sedersi e prendere parte a un banchetto che, partito nel Cinquecento dalla mano di Veronese, si offre materialmente a noi grazie ad anni di lavoro degli artigiani vetrai.
Convito in casa Levi: accenni sull’opera
La tela fu eseguita nel 1573 per il refettorio del convento domenicano dei Santi Giovanni e Paolo, in sostituzione dell’Ultima cena di Tiziano, distrutta in un incendio del 1571. Originariamente, in effetti, l’opera di Veronese era stata concepita ed eseguita come Ultima cena. Ciò che causò il cambiamento del titolo dell’opera (e quindi della sua ricezione iconografica) fu l’accusa mossa all’artista dagli inquisitori veneziani, che gli rimproveravano quella che era per loro l’inutile presenza di personaggi dissacranti, come gli alabardieri vestiti alla tedesca e il servo che perde sangue di naso. Dal verbale dell’Inquisizione notiamo come Veronese rivendichi, tra il serio e lo scherzoso, la sua libertà creativa di artista. Giustificando dunque queste figure come al di fuori dello spazio sacro dove si svolge la scena principale, Veronese, in accordo con i frati, cambiò il titolo dell’opera, associandola ad un altro episodio della vita di Cristo. Il Convito in casa Levi, dunque, avrebbe rappresentato il banchetto offerto a Cristo da Levi, rinominato poi Matteo. Ultima cena o Convito l’opera nella sua versatilità e grandiosità continua a stupire ancora come fece in passato.