Papa Gregorio XVII muore improvvisamente. Sotto la guida del decano Thomas Lawrence (Ralph Fiennes) i cardinali si riuniscono in conclave nel Vaticano. Come da prassi, sono divisi in varie fazioni, divise da due linee di frattura principali: tradizionalisti e liberali, occidentali e provenienti dai paesi in via di sviluppo, con tutte le varianti e sfumature del caso.
Thomas apre i lavori con un discorso che è un inno al dubbio e all'incertezza, che viene male interpretato da alcuni come un chiara ammissione delle sue ambizioni papali, nel nome della linea del suo predecessore.
Ovviamente nessun candidato raggiunge la maggioranza richiesta e le fumate nere si susseguono, mentre cominciano a susseguirsi imprevisti e colpi di scena, anche perché terroristi islamici cominciano a farsi detonare nelle piazze romane...
Conclave: un film che mescola senza fantasia intrighi politici e dubbi religiosi
Il film mostra una Chiesa in evidente difficoltà, profondamente divisa al suo interno tra fazioni che non sono in grado non solo di parlarsi, ma neanche di comprendersi, e in evidente declino spirituale. Lo stesso Thomas, indubbio protagonista della pellicola, rappresenta il paradigma dell'uomo in crisi religiosa e probabilmente di identità, che si ritrova suo malgrado a ricoprire un ruolo di cui farebbe volentieri a meno.
Un ruolo che lo costringe a scavare nel putridume che ammorba il mondo gli alti prelati convenuti a Roma per eleggere quella che dovrebbe essere la nuova guida spirituale della cristianità, ma molti di loro sembrano molto più interessati al potere temporale che a quello spirituale.
Niente di nuovo sotto il sole, naturalmente. Nè per quanto riguarda la crisi dell'istituzione religiosa che della fede dei credenti, che sembra essere direttamente proporzionale all'importanza del ruolo gerarchico ricoperto.
Alla putredine che corrompe gli alti prelati fa da contraltare la bellezza delle geometrie vaticane, che fanno da sfondo alla triste vicenda umana rappresentata, che ci viene mostrata in maniera formalmente impeccabile, ma senza troppo mordente.
Il cast è veramente stellare, e oltre a Ralph Fiennes comprende Stanley Tucci, John Lithgow, Isabella Rossellini e Sergio Castellito.
Agli attori anglofoni sembra siano stati assegnati i ruoli più profondi e riflessivi, mentre a quelli italiani pare siano stati riservati ruoli più stereotipati e alle volte quasi da macchietta.
I colpi di scena sono in fondo abbastanza telefonati, la storia si srotola senza mordente, iniziando come un intrigo politico che si tinge progressivamente di toni intimistici, guardandosi bene dall'osare troppo, rifugiandosi dietro un formalismo visivo impeccabile ma troppo algido, come i marmi vaticani che ci vengono mostrati con inquadrature impeccabili ma senza fantasia.
Insomma il regista Edward Berger fa il suo bel compitino, senza macchia e senza lode, come gli attori, del resto, realizzando una pellicola probabilmente destinata a finire nel dimenticatoio in tempi molto rapidi.
Unica nota dal mio punto di vista veramente dolente, è il finale realizzato in nome del politically correct più sfacciato e prevedibile, ormai evidentemente diventato anche un ottimo viatico per chiudere una storia quando magari non si sa bene dove si vuole andare a parare.
Peccato, però.