Il film è basato su fatti storici reali. Nel 1940 il comandante Salvatore Todaro (interpretato da un strepitoso Pierfrancesco Favino) comanda il sottomarino Cappellini, che parte per una difficile missione solitaria nell’Oceano Atlantico.
Dopo avere fortunosamente attraversato lo Stretto di Gibilterra, incrocia nottetempo un mercantile belga, il Kabalo, che ha la pessima idea di cannoneggiare il sommergibile italiano, che risponde prontamente al fuoco, affondandolo.
Ma Todaro non abbandona i naufraghi della nave nemica al loro destino, e li prende a bordo del suo battello, assumendosi tutta la responsabilità di un gesto cavalleresco e profondamente umano che però mette a repentaglio la vita dei suoi uomini.
Un atto eroico dimenticato, che questo film ha il merito di ricordare al grande pubblico.
Comandante: un’ottima pellicola che ci ricorda che la solidarietà umana può superare ogni colore politico e ideologia
Il racconto può essere diviso in due fasi consecutive. Nella prima viene sottolineato l’aspetto virile e patriottico dei combattenti italiani, sempre pronti al sacrificio senza battere ciglio, nella seconda viene lasciato invece ampio spazio alla dimensione umana e interpersonale, sottolineata da una maggior uso di primi piani e di dialoghi.
Film apparentemente tutto al maschile, in realtà lascia spazio anche alla dimensione femminile, a cominciare dalle scene iniziali, che vedono alcuni militari italiani lasciare le loro compagne per imbarcarsi in una missione pericolosa.
Primo tra tutti comandante Todaro, uomo tutto d’un pezzo, che lascia la moglie incinta per non sottrarsi alle sue responsabilità di militare, rifiutando la possibilità di sfruttare le ferite riportate in un incidente aereo per ottenere un pensionamento anticipato.
Protagonista assoluto del film, il comandante è un personaggio complesso, i cui pensieri ci accompagnano per tutta la narrazione, sempre capace di coniugare il senso del dovere e una profonda umanità, per cui la legge del mare viene prima di tutto e di tutti.
Molto apprezzabile anche il ritratto della società italiana del tempo, fornito dall’equipaggio del Cappellini, formato da persone di tutte le regioni italiane, con dialetti, usi e costumi molto diversi. Una disomogeneità che spesso crea problemi, ma che non impedisce al gruppo di muoversi come un solo uomo quando la situazione lo richiede.
Nella seconda parte del film il multiculturalismo a bordo poi esplode con l’arrivo dei naufragi belgi, che neanche parlano italiano, con l'eccezione di un loro ufficiale, che deve prodigarsi a fare da interprete.
Ed è questa la parte più intensa del film, che ci lascia con un grande messaggio di speranza: la solidarietà umana può superare ogni colore politico e ideologia.
A patto che ci siano uomini come Salvatore Todaro, disposti anche a disobbedire agli ordini per fare ciò che la propria coscienza suggerisce.
Nel complesso un film veramente interessante e godibile, con un grande Pierfrancesco Favino, ancora una volta in stato di grazia.
Da vedere. Al cinema.