Questa settimana ci troviamo a Prepotto in via Poianis 23, nell’azienda vitivinicola “Colli di Poianis” assieme alla splendida famiglia che la gestisce: Maura Ceschia e suo marito Gabriele ed il figlio Alberto Marinig.
I vini che propongono sono equilibrati e raffinati, rispecchiano la genuinità e semplicità del territorio in cui sono prodotti.
Tutti e tre si rispecchiano nel loro Schioppettino, elegante e fresco, ma allo stesso tempo robusto e solido, come solo chi con sapienza e raffinatezza sa farlo da generazioni.
Nella loro casa si respira aria di famiglia, di tradizione, di calore, di accoglienza, sempre con un occhio di riguardo per l’innovazione e il coinvolgimento di tutto il territorio.
Partiamo da Gabriele Marinig, qual è la storia della cantina?
L’azienda è stata avviata da mio nonno agli inizi del ‘900 poi da mio padre, ora io assieme a mia moglie Maura e Alberto mio figlio.
Mio padre durante la guerra dovette scappare da queste zone per poi tornare e trovare la sua azienda divisa in piccole parti. Per riunirla iniziò con la viticoltura, penso sia stata una delle prime persone a mettere mano su questa collina, facendo intervenire un vecchio bulldozer per sistemarla a gradoni. E’ forse il più vecchio vigneto che abbiamo in zona e lì vi sono piantati del Merlot, del Friulano e del Pinot bianco.
Mio padre probabilmente fu una delle prime persone a credere nello Schioppettino perché tra il ‘79 e l’80 mise a dimora delle barbatelle di quell’uva che in quegli anni per problemi fitosanitari aveva un po’ perso appeal. Mio padre e l’azienda si fregiarono poi del premio Risit d’Aur, della Distilleria Nonino , che per prima credette nei vitigni autoctoni, incentivando le aziende che mettevano a dimora queste barbatelle.
La cosa è andata avanti in maniera abbastanza lineare fino all’arrivo di Maura, mia moglie, che si è appassionata a questo mondo, iniziando a fare tutti i corsi per diventare un’esperta di vino.
Da lì è nata la nuova “Colli di Poianis” nel 2000, per arrivare fino ad oggi con Alberto ed i nostri progetti futuri molto, molto più ampi.
Maura è arrivata forte della sua esperienza in Regione nel settore turistico, per poi specializzarsi in ambito enologico.
Maura Ceschia, da cosa nasce la vostra passione per il mondo del vino?
Per me sicuramente parte tutto dal ricordo che Gabriele ha della sua famiglia, ed è il racconto di quando è tornato mio suocero dopo la guerra sulla sua collina e l’ha trovata smembrata in vari appezzamenti, con determinati vigneti da reimpiantare. Il sogno di Gabriele successivamente è stato di riuscire a unificare tutti i terreni appartenuti precedentemente alla sua famiglia e ci è riuscito poco prima che suo padre ci lasciasse. Fu un momento davvero importante e profondo, per lui, per noi, che ci rimane sempre forte dentro.
Gabriele ha sempre avuto una grande passione per il trattori, il suo desiderio è sempre stato salire e possedere uno di questi, fin da quando aveva 10 anni. Quando era bambino, qui nelle vicinanze, c’erano delle persone che possedevano vari mezzi agricoli e lui non vedeva l’ora di salirvici. Più avanti dai 14/15 anni in poi, fare il vino in prima persona è sempre stato per lui qualcosa di molto emozionante in ogni suo passaggio.
Il lavoro di chi coltiva la terra è un lavoro estremamente concreto, molto complesso e mai uguale, bisogna avere passione per farlo.
Il bello di questo prodotto è che grazie a una degustazione guidata si riesce a capire la mano dell’enologo. Tutti gli anni si danno sensazioni sempre diverse. Diffido dei prodotti sempre uguali, perché annate diverse, mani diverse, che lavorano il vino danno sicuramente dei prodotti differenti.
Maura, Gabriele, Alberto, qual è la filosofia della cantina?
L’azienda cerca di avere un processo dinamico nella gestione dei vigneti e della cantina, rimanendo a carattere familiare, ma con una visione che va oltre. E’ un’azienda in continua evoluzione, nella coltivazione dei vigneti, nelle scelte in cantina, ma non solo. Cerchiamo di aprirci al mondo, nel senso che nel nostro DNA abbiamo anche forti sinergie che permettono all’azienda di avere prospettive interessanti in futuro.
Non disdegniamo più avanti di stringere accordi con partner della zona, perché riteniamo che l’unione di forze e modi di pensare diversi, permettano alle nostre realtà di crescere in un mondo che è in continua evoluzione.
Se rimaniamo imprenditori agricoli fine a se stessi, ci scapperà di mano quello che sta accadendo nel mondo. Noi nel nostro piccolo, con processi piuttosto complessi, ci stiamo muovendo in questa direzione. Abbiamo una grande attenzione alla componente agronomica ed enologica, ma parallelamente una gestione aziendale accurata e prospettica, questa è la nostra base per il futuro.
Un occhio di riguardo per noi, ha sicuramente la sostenibilità, difatti è una cosa che facciamo da sempre. Basta vedere intorno alla nostra collina, il territorio circostante non è mai stato modificato, abbiamo sempre cercato di mantenere ciò che abbiamo trovato sul posto cercando sempre la semplicità nel modo di fare le cose.
Qual è il vostro prodotto in cui credete di più?
Se possiamo dire dei miei gusti e piaceri personali, possiamo parlare di un prodotto che a nostro avviso si distingue particolarmente bene ed è un vitigno internazionale chiamato Chardonnay. È un’uva che esprime delle potenzialità enormi nel giusto terreno. E’ un vino con cui ci stiamo divertendo, perché qui ha trovato un terreno particolarmente vocato. Ragioniamo su ogni vitigno, ci sediamo e ci confrontiamo su tutto ciò che produciamo. Lo Chardonnay ci ha sinceramente sorpreso, anche se lo Schioppettino di Prepotto è un vino dalle potenzialità enormi ed è probabilmente il miglior prodotto che si può trovare in queste zone.
Lo Schioppettino di Prepotto è unico al mondo, è un vino che ha sicuramente futuro. Ci piacerebbe che quasi tutto il territorio di Prepotto, fosse coltivato unicamente a Schioppettino, salvo eccezioni. Lasceremmo stare il Pinot nero in Friuli e piuttosto secondo noi punteremmo su questo tipo di vitigno, che qui trova un’espressione a mio avviso migliore essendo autoctono.
In Friuli fino a qualche anno fa, eravamo la regione di riferimento per i vini bianchi d’Italia, però negli ultimi tempi sono state fatte delle scelte che hanno penalizzato questa sua peculiarità, piantando dei vitigni che facevano tendenza in passato ed estirpando altre tipologie di varietale molto più promettenti e qualitative, penalizzando il territorio. Facendo così non si va da nessuna parte, piantando specialmente vitigni internazionali di moda ed estirpando viti che potevano dare in quel momento una grande qualità al vino.
Che peso ha il Friuli all’interno del mondo del vino?
Il mondo del vino è indefinibile e difficile. Vedo molta improvvisazione, vedo una voglia costante di andare dietro alle mode del mercato, una scarsa visibilità, poca apertura mentale, un futuro non molto florido se pensiamo al Friuli.
A nostro avviso molte volte i produttori friulani non riescono a valorizzare i propri prodotti, un po’ per la loro mentalità, un po’ perché pensano anche a guardare solo il proprio vicino.
Ci stiamo facendo del male in Friuli perché c’è troppa confusione, ci sono troppi organismi competenti, ci sono diversi consorzi, camera di commercio, strutture apposite, eccetera.
Come vi vedete voi e la vostra azienda tra 10 anni?
Gabriele: “La vedo come un’azienda in un contesto più ampio, sempre “Colli di Poianis” ovviamente, però a fianco a dei partner che avranno come obiettivo primario di lavorare sullo Schioppettino. Non escludo che questa azienda da qui a 10 anni, possa diventare l’azienda di riferimento in questo ambito. Questo per ora è il nostro obiettivo, creare qualcosa che va oltre e stanno lavorando per farlo.”
Alberto: “Ho una visione a medio termine più dettagliata, riuscire a diventare più competente e migliorare tutti quei processi che implementano i discorsi di sostenibilità, sia dal punto di vista ambientale, che di vinificazione. Fra 10 anni mi aspetto di diventare un professionista sempre più competente nel mio ambito, al servizio dell’azienda.
Maura: “Per noi ci vuole apertura mentale e non rimanere solo nella propria micro realtà, bisogna guardarsi in giro a 360°. Siamo convinti che il nostro prodotto possa essere apprezzato in tutto il mondo, basta saperlo comunicare. Se tu comunichi chi sei, che cos’è il tuo prodotto all’estero, difficilmente il cliente rimane deluso. Noi lo abbiamo visto attraverso i nostri viaggi, per esempio abbiamo portato lo Schioppettino di Prepotto negli Stati Uniti, a New York e abbiamo presentato sia i nostri vitigni internazionali, che i nostri vini autoctoni e abbiamo avuto grandi riscontri sul nostro Schioppettino. Per noi se sei aperto verso l’esterno e per esterno non intendiamo solo il Veneto, ma anche oltreoceano, si riescono a portare a casa grandi risultati, bisogna avere solo la mentalità giusta.”
Cosa ne pensate dell’enoturismo?
“Colli di Poianis” è stata una delle prime aziende che ha creduto ciecamente nell’enoturismo, tant’è che 20 anni fa abbiamo realizzato questa piccola struttura di accoglienza. Fare enoturismo vuol dire anche andare a toccare sfere emotive nell’anima. L’enoturismo è il futuro, perché va ad intercettare una moltitudine di figure interessate ovviamente, ci sono poi diversi tipi di enoturismo.
Sicuramente abbiamo un grande potenziale inespresso, ma purtroppo il Friulano non ha consapevolezza di qual è il suo territorio e per avere consapevolezza ci vuole studio, ci vuole conoscenza, ci vuole cultura, perché per comunicare devi conoscere.
La conoscenza delle lingue è fondamentale e purtroppo il Friuli è molto indietro rispetto a questo, perché ancora ci sono persone che sanno un inglese molto stentato, perché il turismo regionale è fatto da persone che vengono da oltralpe ed è impensabile non sapere le lingue.
Manca professionalità, perché fare turismo non vuol dire solo aprire un bed and breakfast, fare turismo vuol dire comunicare ciò che sai e se non sai, cosa comunichi?
Noi quando un turista viene qui, anche semplicemente attraverso la prima colazione, cerchiamo di comunicare il territorio, con prodotti che lo valorizzano, cercando di collaborare con tutte le aziende agricole locali. Questo a nostro avviso, dovrebbe fidelizzare il cliente. Perché quando tu fidelizzi il cliente il cliente non se ne andrà mai scontento e tornerà ogni anno.
Per noi il cliente va preso per mano e gli va raccontato cosa si trova in ogni luogo del nostro territorio. Purtroppo il Friuli ancora è lontano da questo, perché il friulano arriva sempre dopo, parte un po’ come un diesel.
A nostro avviso c’è un eccesso di segnaletica sul territorio, perché se bisogna per esempio organizzare una gita in bicicletta, non esiste una segnaletica univoca e chiara, ogni paese ha diverse segnaletiche, troppe indicazioni creano molta confusione.
C’è un decadimento di esperienza da parte dei nostri amministratori periferici e anche regionali, sembra quasi che ci sia un incapacità a vedere le cose che è micidiale. Molte volte non c’è visibilità, a Prepotto sembra che in ogni momento sorga una nuova struttura per promuovere il territorio, dato che siamo in pochi e anche se sono animate da buone intenzioni, creano confusione.
E’ inutile che Prepotto venga pubblicizzato da 5 associazioni diverse, ne basterebbe una che lo faccia in maniera adeguata.
Bisognerebbe fare come fanno al di là del confine, che hanno una semplice cartina informativa senza troppe pubblicità e una marea di brochure.
Se poi guardiamo la sostenibilità nell’era tecnologica, basterebbe un’unica app che possa semplificare ancora di più il tutto.
Filippo Frongillo
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