Nel 2600 a.C. nel regno di Kahndaq il despota Ahk-Ton riduce in schiavitù il suo popolo, per estrarre un prezioso minerale, destinato a conferire al sovrano poteri illimitati, grazie alla realizzazione della Corona di Sabbac. Ma un ragazzino guida la rivolta, e viene dotato di straordinari poteri dal Consiglio dei Maghi. Per Ahk-Ton è la fine.
5000 anni dopo la scena torna nella moderna Kahndaq, non meglio precisata città mediorientale controllata da un’organizzazione paramilitare chiamata Intergang. La giovane archeologa Adrianna Tomaz (Sarah Shahi) guida una spedizione per recuperare la Corona di Sabbac, che tuttavia è cercata anche dai nerboruti miliziani della Intergang. Appena messe le mani sul prezioso reperto, il gruppo di esploratori viene infatti aggredito dai paramilitari, e ha rapidamente la peggio.
Per salvare la pelle Adrianna evoca con un incantesimo l’antico campione di Kahndaq, Teth-Adam (Dwayne Johnson). Questi si risveglia di pessimo umore, e comincia a macellare con i suoi super-poteri i miliziani della Intergang, che vengono spazzati via come moscerini.
La Justice Society, formata per l’occasione dal Dottor Fate (Pierce Brosnan), Hawkman (Aldis Hodge), Cyclone (Quintessa Swindell) e Atom Smasher (Noah Centineo), non la prende bene ed entra in azione per catturare Black Adam.
Questi ovviamente non è molto d’accordo, ma alla fine in qualche modo si allea con la Justice Society contro i miliziani della Intergang. Nella battaglia spunta fuori anche il discendente di Ahk-Ton, che vuole la Corona di Sabbac per riconquistare il trono del suo avo, con l’aiuto di qualche demone infernale.
Alla fine della lotta si ristabilisce (ovviamente) un nuovo equilibrio, e Teth-Adam viene a patti con la sua parte oscura, decidendo di cambiare anche il suo nome con uno più moderno, Black Adam. In attesa della prossima puntata…
Black Adam: l’undicesimo capitolo del DC Extended Universe soddisferà il suo pubblico
Che dire. La pellicola scorre bene, alternando con mestiere combattimenti devastanti, scene ironiche, momenti (più o meno) pensosi e colpi scena vari. Dwayne Johnson riesce a suo modo a dare spessore al nerboruto e tormentato (anti)eroe della DC, protagonista di questo undicesimo capitolo del DC Extended Universe.
A bene guardare, non si vede niente di nuovo. Il film è perfettamente politically-correct, senza però esagerare. Da questo punto di vista fa quasi sorridere l’immaginaria città mediorientale di Kahndaq, con la popolazione rigorosamente multietnica dominata da milizie della Intergang che ricordano i suprematisti bianchi. Un obbligato riferimento al colonialismo delle nazioni occidentali.
Ma quando sono in azione contro Black Adams, anche i miliziani diventano multietnici, tanto per non calcare troppo la mano.
Fa anche sorridere che non si veda neanche un abitante di Kahndaq morire durante i devastanti combattimenti urbani tra super-eroi o nella battaglia contro gli zombie evocati nel finale del film. Anche la sceneggiatura non è eccelsa, la storia alle volte scricchiola, ma in fondo chissenefrega. Insomma si tratta di un prodotto a uso e consumo delle famiglie, costruito attorno alla badilata di attori (più o meno) famosi messi assieme per realizzarlo, assemblato con mestiere, utilizzando i soliti luoghi comuni del genere. Un film che (forse) farà arricciare il naso alla critica, ma che probabilmente piacerà ai fans della DC.
E che farà successo al botteghino. Con buona pace dei pensosi intellettuali che provano a fargli le pulci.