L’eternamente single Michael Lawrey (Will Smith) incredibilmente si sposa, ma durante le nozze il suo fido compare Marcus Burnett (Martin Lawrence) ha un bell’infarto, con corollario di esperienze di premorte dove incontra il deceduto Capitano Conrad Howard (Joe Pantoliano), che gli annuncia che non è venuta la sua ora e che ci sono rogne in vista.
E ovviamente le rogne arrivano a passi spediti. Il cattivone di turno, James McGratt (Eric Dane), ha infatti pensato bene di infangare la memoria del Capitano Howard per coprire le proprie porcate, ma i nostri due eroi non ci stanno.
Le cose sembrano – letteralmente - precipitare quando la coppia di inseparabili piedipiatti vuole trasferire il figlio di Michael, Armando (Jacob Scipio), dal suo carcere in una località più sicura, in quanto è un super-testimone che potrebbe sparigliare le carte nella partita tra buoni e cattivi.
E la storia comincia a correre fino alla resa dei conti finale…
Bad Boys: Ride or Die, un film senza macchia e senza lode per sfruttare il franchise e riabilitare Will Smith
Questo è il quarto capitolo di una saga nata nel lontano 1995, con il primo Bad Boys di Michael Bay, girato in tempi dove i personaggi femminili potevano essere tranquillamente esibiti come soprammobili e quelli maschili facevano a gara per dimostrare la propria virilità.
Ma non siamo più negli anni novanta, e per di più nella notte degli Oscar del 2022 Will Smith ha pensato bene di schiaffeggiare Chris Rock, finendo per essere messo ai margini del mondo cinematografico.
Bad Boys: Ride or Die può essere (anche) visto anche come un tentativo di riabilitare l’attore, che non per niente ha rivisto il proprio personaggio, che ormai ha messo la testa a posto, vuole mettere su famiglia, ha addirittura crisi di panico, tanto che a un certo punto Marcus lo deve schiaffeggiare per farlo ritornare in sé.
Una pubblica espiazione per il fattaccio della notte degli Oscar? Chi lo sa, ma il dubbio è lecito.
L’equilibrio tra i due protagonisti è comunque cambiato, e in questo quarto capitolo Marcus non è più la semplice spalla di Michael, ma quasi gli ruba la scena, grazie anche alla trovata delle esperienze di premorte e dell’iniezione di un correlato ambiente New-Age nelle battute tra i due.
Per il resto la storia mantiene il consueto ritmo forsennato, ma le più violente scene d’azione, che non si contano, sono più osservate che vissute dai due Bad Boys, che vedono battersi, anche tramite telecamere, una nuova generazione di combattenti, tra i quali spicca Armando, il figlio di Michael.
Spesso quando sono Michael e Marcus a muoversi, non più con l'agilità di una volta, sono le telecamere che gli girano intorno, anche con riprese in soggettiva da videogioco.
Ma se gli anni avanzano per i due attori, che quindi cedono il passo obtorto collo ai più giovani nei contesti più movimentati, in questa pellicola non c’è un vero passaggio del testimone, che è solo suggerito dalle situazioni.
Il film si lascia vedere, garantendo due ore di piacevole intrattenimento, con numerosi siparietti divertenti, nei quali i bianchi caucasici escono sempre con le ossa rotte o moralmente ridicolizzati, come da prassi, ma la pellicola non osa mai neanche scalfire il perimetro del politically correct.
Un film senza nè macchia né lode, da guardare senza aspettative particolari in attesa dei prossimi capitoli della saga…