Assassinio sul Nilo: recensione del film di Kenneth Branagh

Un mero esercizio di stile per un film commerciale che mette in scena un Hercule Poirot molto diverso da quello pensato da Agatha Christie

2 min read
Assassinio sul Nilo: recensione del film di Kenneth Branagh

Dopo la sua versione dell’Assassinio sull’Orient Express, del 2017, con questa pellicola per la seconda volta nella sua carriera Kenneth Branagh trae spunto dal lavoro della famosa giallista inglese Agatha Christie.

Il nucleo centrale della storia è rimasto quello dell’omonimo romanzo, pubblicato nel 1937: il leggendario investigatore Hercule Poirot si trova suo malgrado al centro di un torbido triangolo amoroso, che sfocerà in una serie di omicidi a bordo di un lussuoso battello da crociera sul Nilo.

Il film invece mette ampiamente mano ai personaggi secondari, probabilmente per soddisfare la necessità di garantire un livello minimo di multietnicità e fluidità sessuale, ormai a quanto pare imprescindibili per qualsiasi produzione di Hollywood.

Kenneth Branagh in Assassinio sul Nilo

Assassinio sul Nilo: un Hercule Poirot molto diverso da quello immaginato da Agatha Christie

Anche il personaggio protagonista della pellicola, Hercule Poirot, viene ampiamente rimaneggiato in questo film di Branagh. Se nel libro di Agatha Christie questi è di fatto un personaggio geniale ma asessuato, Branagh non solo lo rende estremamente sensibile al fascino femminile, anche se impacciato da una sofferta razionalità, ma gli cuce addosso anche un passato da prode combattente, nell’incipit del film, del quale non c’è traccia nel giallo originale.

Probabilmente si tratta di un tentativo di rendere più moderna una storia scritta ottanta anni fa, ma viene spontaneo chiedersi il senso di questa operazione, al di là della possibilità di cavalcare l’onda del successo commerciale di Assassinio sull’Orient Express.

Nel libro della Christie, Hercule Poirot viene aiutato dal colonnello Race, personaggio tutto d’un pezzo, tipico prodotto dell’era colonialista britannica. Nella versione di Branagh al suo fianco compare invece Bouc, persona bizzarra che assume le funzioni anche di un altro personaggio presente nel libro originale.

In generale tutta la storia inventata dalla scomparsa giallista inglese è stata di molto esemplificata, conferendo al tutto una maggiore fluidità e compiacenza con i canoni hollywoodiani contemporanei, perdendo però lo spirito del lavoro originale della Christie. Ma non sarebbe stato meglio inventare una storia nuova, ambientata nel mondo di oggi?

Gal Gadot in Assassinio sul Nilo

Assassinio sul Nilo: un mero esercizio di stile

Anche perché il prodotto finale non è eccelso. Si tratta dell’ennesimo remake senza macchia e senza lode, un’operazione commerciale analoga a La Fiera delle Illusioni, dove registi e attori di grido vengono concentrati per realizzare remake che aggiungono poco a quanto si è già visto nelle versioni precedenti, a parte gli effetti visivi un tempo impensabili, che le moderne tecnologie rendono oggi possibili.

Certo, è apprezzabile il lavoro molto curato sui costumi, il cast è stellare, ma francamente sprecato vista la piattezza media dei personaggi.

In effetti l’unica cosa veramente notevole di questa pellicola sono le vedute dell’Egitto degli anni Quaranta, rese particolarmente efficaci da una fotografia molto curata, che al cinema sono un vero spettacolo.

Ma da un film magari uno si aspetta qualcosa di più, specie se parliamo di uno basato su un giallo scritto da Agatha Christie, e se chi lo guarda conosce e magari apprezza il lavoro della scomparsa scrittrice inglese.

Mah!